La tecnologia nella ristorazione al servizio della sostenibilità.

Sono passati più di trent’anni da quando per la prima volta all’Onu si utilizzò il termine “sostenibilità” intendendolo come “coscienza” nei confronti dell’ambiente.

In questo tempo trascorso il concetto di sostenibilità si è evoluto fino ad acquisire un significato più globale, che mette in relazione la dimensione ambientale, quella economica e quella sociale, che trovano tutte insieme un riscontro nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile stilata dall’ONU. Nell’ambito della ristorazione si nomina sempre più spesso la sostenibilità citando il concetto di spesa consapevole, km 0, frutta e ortaggi disponibili in base al calendario con un menù che cambia seguendo le stagioni. Per altri, la sostenibilità è demandata alla selezione di partner che garantiscano la produzione di semilavorati ottenuti con gli stessi principi (km 0 e stagionalità), ma lavorati con metodi innovativi e nella salvaguardia delle risorse umane impiegate in questo processo.
 
Per altri ancora, il concetto di sostenibilità è etico e sociale, si ottiene valorizzando un approccio inclusivo ed equo delle professionalità all’interno del ristorante. Nel rispetto per l’ambiente e le generazioni future, spesso si parla di cucina sostenibile attraverso la riduzione degli sprechi alimentari (gestione o reimpiego degli scarti alimentari, gestione oculata degli approvvigionamenti, gestione prioritaria dei prodotti in scadenza) e riduzione dei materiali di consumo plastici o non riciclabili per gli imballi. 42 pizza e pasta italiana febbraio 2022
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La sostenibilità nella ristorazione a questo punto comincia a svelarsi nella sua ampiezza, ma non esiste un movimento univoco al quale aderire o un ente unico di certificazione. Alcuni modelli, alcune associazioni come le famosissime americane Restaurant Certification 4.0 Standards e la Green Seal GS-46 rappresentano due vie diverse, ma complementari per portare la ristorazione nella sostenibilità. In Europa uno dei migliori progetti resta quello intrapreso dal 2010 dalla Sustainable Restaurant Association (con base in Inghilterra) ed a livello Italiano qualcosa del genere si è già fatto: dal progetto di Ecoristorazione del Trentino che per prima ha portato in Italia un disciplinare applicativo estremamente dettagliato), al progetto RS360 abbiamo degli esempi virtuosi di buone pratiche da seguire per trasportare e certificare la sostenibilità nella ristorazione nostrana.
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Grande risorsa, ma spesso poco considerata dai grandi discorsi teorici, la tecnologia al servizio della sostenibilità si comincia a citare, seppur impropriamente, parlando di approvvigionamento da fonti rinnovabili (e quindi sostenibili). L’approvvigionamento energetico sostenibile è solo l’inizio, ma potremo considerare di avere un ristorante sostenibile solo se siamo disposti ad impiegare attrezzature di sala e cucina tecnologicamente avanzate, mezzi sempre più green che favoriscano percorrenze rispettose dell’ambiente e magari mezzi elettrici per l’ottimizzazione della food delivery, software che ci possono aiutare a migliorare la quotidianità prevenendo sprechi e migliorando l’intero processo produttivo all’interno del locale.
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Alcuni esempi di sperimentazione hanno dato risultati sorprendenti: i sistemi gestionali completamente digitali che integrano in maniera flessibile e precisa tutti i processi per la gestione ristorativa: quante comande errate si dovevano correggere (spesso sprecando quantità enormi di cibo) quando si lavorava solo con carta e penna? Oggi un buon gestionale fornisce gli strumenti per la gestione dei dati e la loro analisi che può a sua volta essere utilizzata per ottimizzare la gestione del magazzino o “uscire” fuori dal locale e diventare strumento di coinvolgimento (engagement) del cliente. Esistono molti software in commercio che si possono adattare in maniera flessibile a tutti i tipi di ristorazione.
 
Nell’ottica della sostenibilità, alcuni esempi virtuosi sono arrivati in tempi non sospetti dalla ristorazione collettiva, con menù a scelta disponibili su app connesse con la cucina (sul modello della food delivery), che consente di gestire l’approvvigionamento, la produzione e l’erogazione puntuale dei pasti in grandi volumi seppur altamente personalizzati. In un momento delicato come quello pandemico alcuni fornitori di apparecchiature hanno implementato mense automatizzate per il ritiro del cibo ordinato in appositi dispositivi a temperatura costante che garantiscono la salubrità del cibo con conservazione a 65 °C.
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Abbiamo già citato, in un articolo dello scorso anno, i tanti servizi in favore della lotta allo spreco che altro non è che una delle più semplici ed importanti forme di sostenibilità. Evitare lo scarto alimentare, dando modo di acquistare in modo rapido e conveniente la sovrapproduzione di pasti, fa bene all’economia del ristorante, al lavoro del rider che trasporta il cibo ed al cliente che magari non si sarebbe potuto permettere una cena al ristorante. Insomma un bel mix tra economia e sociale, con un risvolto ancora più nobile ed inclusivo per chi fa la scelta di “donare” l’avanzo alimentare alle associazioni che si occupano a vario titolo delle persone meno abbienti. Anche in questo caso siamo precursori: negli ultimi anni l’usanza campana della “pizza sospesa” (una pizza pagata in più, da destinarsi a chi non potrebbe permettersela), rappresenta una lettura in chiave moderna di una forma di sostenibilità sociale con una radice ben più antica: il famoso “caffè sospeso”.
Collegandoci nuovamente ad un tema spesso controverso: mettere i rider in condizione di lavorare con dignità e sicurezza, utilizzando strumenti di trasporto tecnologicamente avanzati rappresenta un altro aspetto della sostenibilità tecnologica, legata al sociale ed alla qualità del cibo. Purtroppo nel settore della ristorazione siamo ancora lontani dall’implementazione di molte di queste soluzioni tecnologiche e digitali applicate alla sostenibilità. Nel 2019 il rapporto di Fipe riportava che il 40% dei ristoratori dichiarava di non utilizzare alcuno strumento digitale.
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Sicuramente la pandemia ha accelerato questa transizione, ma a mio parere c’è ancora tantissima strada da fare e la transizione digitale è solo un primo passo verso le tecnologie sostenibili. Purtroppo il settore della ristorazione, travolto dalle varie ondate pandemiche, ha concentrato le sue risorse più sulla sopravvivenza che sulla sostenibilità intesa nel modo più ampio (e talvolta dispendioso), in termini pratici: un chiaro esempio possono essere i conteggi di quante posate o imballi monouso siano stati utilizzati in questi due anni appena trascorsi per far fronte alle rinnovate esigenze di igiene.
 
Sicuramente l’impegno gravoso di acquistare un nuovo forno che sia efficiente e della migliore classe energetica disponibile per sostituire un vecchio elettrodomestico aiuta la sostenibilità riducendo i consumi, ma in un momento di fortissimi rincari energetici rappresenta anche una importante fonte di sostenibilità economica per il ristorante!
 
La sostenibilità non è solo un esercizio teorico, ma possiamo considerarla un desiderio avverabile di coesistenza tra natura, tecnologia, etica ed economia. Un approccio che aiuterà la ristorazione a conquistare la fiducia dei ragazzi che vivono oggi il distanziamento sociale, il cambiamento climatico e la pandemia: saranno futuri clienti più consapevoli e sensibili alla qualità del cibo, ma anche attenti alla qualità della vita.
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di Domenico Maria Jacobone, esperto e formatore in ambito ristorazione, digitalizzazione e food delivery.

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