Carciofi d'Italia

Alla scoperta delle varietà migliori

Una delle eccellenze agroalimentari italiane, moltiplicata in decine di varietà squisite espressione della diversità geografica delle regioni di provenienza, è il carciofo. L’Italia ne detiene il primato mondiale a livello di produzione e le zone di maggior coltivazione sono la Sicilia, la Sardegna e la Puglia.
Derivato dal cardo selvatico, il carciofo è originario dal Vicino Oriente ed è stato introdotto in Italia dagli Arabi, al Centro- Sud, e dai Veneziani per le coltivazioni presenti in laguna. Il nome ha origini arabe: si chiama harsûfa, poi in spagnolo alcachofa, e poi appunto carciofo.
Le varietà che si coltivano in Italia possono essere classificate, in base alle caratteristiche agronomico-commerciali, in due grandi gruppi: uno autunnale, la cui produzione si estende in primavera fino a maggio, dopo una stasi invernale, ed uno primaverile, da febbraio-marzo fino a maggio-giugno, coltivato nelle aree costiere dell’Italia centro-settentrionale. Tra le più di 90 varietà di carciofo coltivate nel mondo si distinguono le varietà spinose da quelle inermi, cioè senza spine.
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CARCIOFO SPINOSO DI ALBENGA

Noto anche come il violetto spinoso della Liguria. Ha trovato il suo habitat ideale in terreni collinari o pianeggianti, dal clima mite; non sopporta gli sbalzi di temperatura, che compromettono la nascita dei frutti. Si raccoglie da inizio novembre fino a fine maggio. Non confondetelo con le altre specie del centro e sud Italia: ha forma conica del capolino, foglie esterne (brattee) acquerellate di verde scuro con sfumature violacee e spine giallastre.
Rispetto al sardo è meno fibroso e ha sapore più delicato: estremamente tenere, croccanti e dolci le foglie, che lo fanno apprezzare ancor più se consumato crudo.
Se siete amanti di torte salate, il consiglio è quello di farne l’ingrediente principale, accanto alle bietoline.

CARCIOFO VIOLETTO DI SANT'ERASMO

Prodotto di eccellenza dell’isola che viene da sempre considerata l’orto di Venezia e cioè Sant’Erasmo, il carciofo Violetto esprime tutta la ricchezza organolettica lagunare in una dolcezza ed in un sapore assolutamente peculiari.
Tenero, carnoso, poco spinoso (meno di tutti gli altri carciofi italiani), di forma allungata, con le brattee di color violetto cupo che racchiudono un cuore dal gusto inconfondibile.
I primi carciofi , raccolti all’inizio di aprile si chiamano castraure e sono il frutto apicale della pianta, che viene raccolto per primo per permettere lo sviluppo di altri 18-20 carciofi laterali.
Rarità richiestissima, le castraure hanno un gusto originale leggermente amarognolo e sono molto versatili in cucina, oltre che dall’inestimabile valore organolettico.

CARCIOFO VIOLETTO DI TOSCANA

Colore violetto e forma ovoidale, ha foglie molto scure all’esterno e quasi bianche all’interno. E’ una particolarità che trova corrispondenza anche nella consistenza delle brattee, molto dure e coriacee quelle esterne, decisamente tenere quelle interne.
Nonostante sia apprezzato oltre i confini regionali, nel corso del tempo la superficie coltivata a carciofo violetto è diminuita.
Voi, invece, approfittate di un viaggio in Toscana per assaggiarlo, in particolare abbinato a pecorino e fave, un piatto che rende omaggio alla primavera.

CARCIOFO ROMANESCO IGP

Eccola, la mammola: è uno dei tipi più noti tra le varietà italiane. Ha forma sferica, compatta ed è privo di spine: le brattee esterne hanno colore verde con sfumature violette.
Si raccoglie da febbraio a maggio e viene prodotto nelle provincie di Viterbo, Roma e Latina (i comuni sono Montalto di Castro, Canino, Tarquinia, Allumiere, Tolfa, Civitavecchia, Santa Marinella, Campagnano, Cerveteri, Ladispoli, Fiumicino, Roma, Lariano, Sezze, Priverno, Sermoneta, Pontinia).
Conosciuto sin da epoca romana, il Romanesco si è adattato alle condizioni pedoclimatiche laziali aiutato anche dalle caratteristiche ottimali dei terreni dove viene coltivato.
In cucina è diventato uno degli ingredienti principe della cucina tipica romana: sicuramente il piatto che ne celebra al meglio carnosità e sapore sono i carciofi alla Giudia, di origine ebraica.

CARCIOFO DI PAESTUM

Prodotto in molti comuni della provincia di Salerno, il Carciofo di Paestum proviene dal gruppo dei carciofi di tipo Romanesco, ma ne differisce per precocità: è infatti presente sul mercato già dal mese di febbraio (la raccolta termina il 20 maggio).
Ha capolini teneri e delicati, così come le brattee. Tondo, compatto e senza spine, ha pezzatura grossa, forma subsferica e sapore gradevole.
Da documenti statistici del Regno di Napoli si scopre che il carciofo era presente in zona sin dal XIX secolo: è tuttavia attorno agli anni ’30 del 1900 che lo sviluppo della coltura si fa più significativo, in seguito alle opere di bonifica e di trasformazione agraria.
In cucina è ghiottissimo trasformato in crema e come ripieno di pasticci: la maestria dei campani tuttavia non poteva non rendergli omaggio rendendolo ingrediente principe di una pizza.

CARCIOFO BRINDISINO IGP

Eccellenza pugliese nota sin dalla prima metà del 1700 (nel 1773 l’Abate Vincenzo Corrado, di Oria, riporta una quindicina di ricette in cui è presente) il carciofo Brindisino si distingue per la particolare tenerezza e sapidità dei capolini, legate alla quantità di potassio presente nel terreno e alla conformazione tufacea del litorale adriatico.
Ha brattee compatte, carnose e tenere e un sapore dolce che lo rendono apprezzato anche per il consumo crudo.
La zona di produzione comprende i comuni di Brindisi, Cellino San Marco, Mesagne, San Donaci, San Pietro Vernotico, Torchiarolo, San Vito dei Normanni e Carovigno.
La raccolta inizia dal 1 novembre e termina il 30 maggio dell’anno successivo, secondo disciplinare.

CARCIOFO SPINOSO DI SARDEGNA DOP

Sapore gradevole, dato dall’equilibrio tra amarognolo e dolciastro, colore verde con ampie sfumature violetto-brunastre, polpa tenera e brattee strettamente pressate le une alle altre: sono queste le caratteristiche principali del carciofo Spinoso di Sardegna.
Prodotto in alcuni comuni delle province di Cagliari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Oristano, Nuoro, Ogliastra, Sassari, Olbia-Tempio è presente sull’isola da secoli.
Se testimonianze scritte si ritrovano già nella seconda metà del XVIII secolo, è tuttavia con i primi decenni del ‘900 che il carciofo dell’isola vive il passaggio fondamentale da una produzione destinata all’autoconsumo ad una orientata verso i mercati di consumo nazionali ed internazionali, che determinano la sua notorietà anche fuori dalla Sardegna.
La raccolta va dal 1° settembre al 31 maggio.
In cucina è tradizione la cottura in umido, in olio extra vergine d’ oliva, aglio, prezzemolo e timo. Arricchisce poi piatti di carni, ovine e caprine, minestre asciutte e di riso e zuppe. Ottimo, infine, sott’olio.

CARCIOFO SPINOSO DI MENFI

Se ne ha notizia dall’ ‘800, quando il terreno dedicato si estendeva al tempo dal fiume Carboj all’attuale Riserva naturale Foce del Belìce, territorio fertilissimo.
È una varietà autunnale, dalle brattee verdi con sfumature violette. La sua particolarità sono le grandi spine dorate per le quali in passato era conosciuto anche con il nome di “spinello”.
Certamente ostiche in cucina, le spine non impediscono tuttavia al carciofo di Menfi di essere valorizzato a tavola. Aromatico, croccante e delicato è molto ricercato per la cottura alla brace e per la produzione di sott’oli, caponate e paté.
La raccolta va dalla fine di novembre fino alla fine di aprile: la data che chiude la stagione è tradizionalmente il primo maggio, quando i menfitani si ritrovano in campagna per arrostire gli ultimi carciofi rimasti su braci di potature di olivo o olivo.
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di Caterina Vianello

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