Come si produce il formaggio

Se dovessimo chiedere agli italiani cosa non deve mai mancare nei loro frigoriferi, sicuramente la risposta più diffusa è: il formaggio. Il formaggio è un alimento eccezionale, sotto tutti i punti di vista.

Ogni luogo in Italia ha il suo formaggio tipico diventando, così, l’alimento territoriale per eccellenza. L’etimologia della parola “formaggio” deriva, da “formos”, termine usato per indicare la forma di vimini dove veniva depositato il latte cagliato per dargli forma. Il “formos” divenne poi la “forma” dei romani, quindi il “fromage” dei francesi, per arrivare all’italianissimo “formaggio”. Il documento più antico che conferma la pratica di ricavare formaggio dal latte risale a reperti di origine mesopotamica datati III millennio a.C. Testimonianze dell’uso del formaggio si hanno, comunque, in tutto il mondo antico: in Europa, in Africa e in Asia. Dal punto di vista legislativo, il nome formaggio è riservato al prodotto alimentare ottenuto dal latte intero, parzialmente scremato o scremato, oppure dalla crema, in seguito a coagulazione acida o presamica, anche facendo uso di fermenti e cloruro di sodio.
 
La legge non specifica l'origine del latte da utilizzare; si può, quindi, produrre formaggio con latte di diversa origine, purché sia ricco in caseine, dal momento che la coagulazione di queste proteine è essenziale a tale scopo. Tra i latti caseinici ricordiamo quello di mucca, di bufala e di capra, che possono essere utilizzati anche in miscela tra loro. La composizione chimica del formaggio dipende da numerosi fattori, come il latte e la flora microbica utilizzata, i procedimenti di lavorazione, nonché il grado e l'ambiente di stagionatura. Le fasi produttive sono uguali per tutti i tipi di formaggio; ciò che cambia è solamente la modalità con cui sono condotte.
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Preparazione del latte

Il latte destinato alla caseificazione deve possedere particolari requisiti sia dal punto di vista chimico che batteriologico. Per quanto riguarda la composizione chimica, si presta particolare attenzione al suo tenore in caseina e in grasso che determina la resa in formaggio. Per quanto riguarda l'aspetto batteriologico, è noto che dalla qualità e quantità dei microrganismi presenti nel latte dipendono, in larga misura, le caratteristiche merceologiche del prodotto finito; infatti, la flora batterica influisce in modo decisivo sul buon esito della maturazione del formaggio e quindi sulle sue proprietà organolettiche, merceologiche e commerciali. Questa prima fase di preparazione comprende la filtrazione, la pastorizzazione e l'aggiunta di fermenti selezionati. Con la pastorizzazione si distrugge la maggior parte dei microrganismi indesiderati; con l'aggiunta dei fermenti selezionati (innesto) si crea una flora microbica atta a guidare e controllare al meglio la maturazione del latte prima della caseificazione (coagulazione della caseina) e la maturazione del formaggio durante la successiva fase di stagionatura; di norma si fa uso di miscele di microrganismi lattici del genere Thermobacterium e di Streptococchi cui si associano, talvolta, delle muffe.
 
Riscaldamento alla temperatura della coagulazione
 
Questa fase consiste nel portare il latte alla temperatura di 30-35°C, ideale per la coagulazione della caseina.
 
Coagulazione
 
Sotto l'aspetto fisico tale fenomeno consiste in una "gelificazione" delle micelle di caseina che si saldano fra loro a formare una specie di "maglia" che tiene intrappolato il siero. Si ha la coagulazione presamica quando al latte tiepido si aggiunge il "caglio" o "presame". Questo è costituito da frammenti freschi o essiccati dell'abomaso (uno degli stomaci) di vitelli o agnelli lattanti; si possono usare anche prodotti liquidi o secchi ottenuti per estrazione con acqua delle mucose dei suddetti stomaci. L'attività che il presame esplica nel latte è dovuta a due enzimi (chimasi o rennina e pepsina) prodotti dalla mucosa gastrica dei lattanti di ruminanti e dotati di attività coagulante e proteolitica (scissione delle proteine).
 
La "forza coagulante" o titolo del caglio è data dalla quantità di latte coagulata da un millilitro di presame, alla temperatura di 35°C, in 40 minuti (ad esempio un presame con titolo di 1:5000 vuol dire che con un millilitro di caglio si coagulano 5 litri di latte). Oltre al caglio di origine animale, da tempo remoto sono conosciuti numerosi cagli di origine vegetale; il più usato era estratto da fiori di carciofo selvatico e il formaggio che se ne otteneva prendeva il nome di "fiore". Oltre alla coagulazione presamica, si può avere la coagulazione acida, sfruttata per la produzione di formaggi particolari; in questo caso si forma un coagulo acido in seguito al riscaldamento del latte, in precedenza inacidito, per fermentazione lattica del lattosio a causa dei fermenti lattici. La fermentazione lattica porta a un coagulo debole, con massa finemente suddivisa, adatta perciò alla produzione di formaggi a "pasta molle", a differenza dalla coagulazione presamica che si presta per la preparazione di formaggi a "pasta dura". Ciascuno dei due metodi, in ogni caso, non è mai rigorosamente usato da solo poiché tutte le cagliate si formano per azione simultanea del caglio e dell'acido lattico. La coagulazione acida, oltre che per la fermentazione naturale del latte, può realizzarsi anche mediante aggiunta di acidi organici, quali acido citrico, acido acetico e acido tartarico (es. produzione di mascarpone).
 
La rottura è un’operazione meccanica che consiste nello sminuzzare, con attrezzi particolari, la massa coagulata (cagliata) per facilitarne la fuoriuscita del siero (spurgo). L'operazione di spurgo, in base a come è condotta, ha influenza fondamentale sulle caratteristiche del prodotto finito. La lavorazione della cagliata, per alcuni tipi di formaggi, prevede, dopo la rottura, altre operazioni quali: Cottura: consiste nel riscaldamento della cagliata tra i 35 e i 60°C; si ha contrazione dei granuli caseosi con ulteriore espulsione di siero. Questo trattamento è richiesto per la produzione di formaggi a pasta dura. Filatura: consiste nell'immersione del coagulo in acqua molto calda (80 – 90°C) e successiva stiratura (filatura). Questo trattamento è richiesto per la produzione di formaggi a pasta filata (mozzarelle, caciocavallo ecc.). Per la messa in forma della pasta si utilizzano forme in materiale plastico in modo da conferire ad ogni tipo di formaggio la sua forma caratteristica. Salatura. Tra le molteplici finalità della salatura ricordiamo che essa regola la quantità di umidità, di lattosio e di acido lattico del formaggio; migliora il gusto del formaggio e facilita la formazione della crosta, rallenta, inoltre, il processo di stagionatura per l'influenza negativa che esplica sull'attività microbica. La salatura può essere condotta per via "secca" e per via "umida". Per la salatura a secco si fa ricorso al sale da cucina che viene distribuito sulle forme. La salatura ad umido si esegue ponendo, per un tempo prestabilito, le forme in bagno di acqua e sale; questo metodo produce il completo spurgo della pasta caseosa in un tempo brevissimo.
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Maturazione e Stagionatura

La maturazione è un processo molto complesso che implica numerose trasformazioni chimiche della pasta. Il gran numero di tipi di formaggio esistenti in tutto il mondo, ciascuno con caratteristiche tipiche di sapore, di odore e di struttura della pasta, dimostra la vastissima gamma di tali modificazioni. I principali protagonisti della maturazione dei formaggi sono i microrganismi che, con i loro processi metabolici, portano alla trasformazione di proteine, glucidi, lipidi, vitamine e alla formazione di prodotti gassosi di decomposizione, come ammoniaca e anidride carbonica, responsabili dell'occhiatura della pasta.
 
Un’influenza notevole sull'attività microbica ed enzimatica, durante il processo di maturazione del formaggio, è data dal continuo cambiamento sia della composizione chimica che del pH del formaggio stesso. Nel corso della maturazione si operano trasformazioni dovute agli enzimi del latte (soprattutto nei formaggi a latte crudo) e all'attività residua del caglio (rennina), degli starter batterici (lattici) e di quelli non starter (muffe, batteri propionici già presenti nel latte o a sviluppo successivo, in relazione alle condizioni di stagionatura utilizzate). Tali modificazioni determinano il gusto e l'aroma tipico di un formaggio, diversificandolo dagli altri; esse dipendono dai trattamenti a cui sono stati sottoposti il latte e la cagliata, ma anche dai metodi di stagionatura. Le varie trasformazioni riguardano soprattutto il contenuto idrico, lipidico, glucidico e proteico. Per quanto riguarda il contenuto idrico questo può ridursi dal 25 al 60% della quantità iniziale; tale valore si sposta verso l'estremo superiore nei formaggi a pasta dura e a lunga stagionatura. La riduzione del contenuto idrico permette la formazione della crosta, che ha il compito di contenere la pasta e di proteggerla da un'eccessiva disidratazione, mantenendola morbida all'interno, e dalle contaminazioni esterne.
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In alcuni tipi di formaggio vengono inoculati specifichi ceppi microbici sulle croste, come nel caso dei formaggi a crosta fiorita; in questi ultimi la particolare crosta si forma grazie allo sviluppo di muffe bianche. In alcuni formaggi si può avere anche lo sviluppo di una microflora naturale - dovuta a muffe, lieviti e micrococchi - che dona al prodotto il tipico colore e aumenta i fenomeni di lipolisi e proteolisi. La più importante trasformazione a carico dei glucidi interessa il lattosio, che viene trasformato ad acido lattico (fermentazione omolattica) oppure ad etanolo, CO2 ed acido lattico (fermentazione eterolattica). Il lattato - che conferisce elasticità e compattezza alla cagliata, favorisce lo spurgo ed inibisce la flora batterica putrefattiva - può subire la fermentazione propionica da parte di Propionobatteri, che lo metabolizzano ad acido propionico, acido acetico e anidride carbonica; quest' ultima è responsabile della caratteristica occhiatura, fenomeno tipico della maturazione di formaggi tipo l'Emmenthal.
 
In generale, l'acido lattico risulta salificato a lattato di calcio, che può determinare la formazione di inclusioni cristalline percepibili al palato, e trasformato in prodotti aromatici; tali trasformazioni, tipiche dei formaggi "grana" ed a lunga stagionatura, riducono a poco a poco la presenza di lattato e con essa l'acidità del prodotto. Per quanto riguardo la trasformazione a carico dei lipidi, il ruolo fondamentale è giocato dalle lipasi. I fenomeni lipolitici determinano idrolisi di mono-di e trigliceridi con liberazione di glicerolo e acidi grassi. La liberazione di acidi grassi a catena medio-corta contribuisce al gusto e all'aroma del formaggio; i formaggi di capra e di pecora hanno un maggior contenuto percentuale di questi acidi grassi e sono per questo dotati di un aroma più intenso e piccante. Le maggiori trasformazioni di proteine, sono a carico delle caseine, la cui degradazione è all'origine dell'ammorbidimento della pasta, del suo cambiamento di colore ed aspetto; inoltre, in seguito alla formazione di nuovi prodotti, vi è lo sviluppo del sapore e dell'aroma tipico del formaggio. Solitamente, l'attività proteolitica degli enzimi presenti nei batteri starter rende la pasta più morbida e cremosa, ma senza degradarla; una proteolisi spinta viene invece utilizzata nella produzione di formaggi particolarmente morbidi, più o meno spalmabili, come la crescenza e lo stracchino.
 
I batteri lattici hanno la capacità di produrre sostanze ad azione antimicrobica per impedire ad altri batteri di insediarsi nello stesso ambiente e sottrarre loro il nutrimento. Mascarpone; È un formaggio molle che si ottiene partendo dalla crema di latte (25-30% di materia grassa), scaldata a 80-90 °C e addizionata di acido citrico. La coagulazione è dovuta all'acidità ed al calore. Concludiamo questa prima parte soffermandoci sulla Ricotta che si ottiene per coagulazione del siero proveniente dalla caseificazione. Dopo la cagliata, il siero contiene ancora proteine, sali minerali e una parte di grassi: viene riscaldato a 75- 80°C, temperatura alla quale coagulano le sieroproteine; si forma così un precipitato costituito da lattoalbumina, piccole quantità di grasso, lattosio e sali minerali, che viene lasciato gocciolare per 12 ore e poi posto nelle forme. Proprio per il modo con cui viene prodotta, la ricotta non è un formaggio, ma un latticino, poiché esula dalla definizione di legge. Si tratta di un prodotto nobile, perché povero di grassi e lattosio, ma ricco di proteine ad altissimo valore biologico; è inoltre facilmente digeribile.
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di Marisa Cammarano

Marzia Buzzanca

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