L’etimologia del termine nasconde l’ingrediente principale del processo di canditura, lo zucchero appunto: la parola “candire” viene dall’arabo qandat, trascrizione della parola in sanscrito khandakah (appunto, zucchero). Dal punto di vista tecnico, la canditura è un metodo di conservazione di parti di frutta, fiori e piante commestibili mediante immersione in uno sciroppo di zucchero. In pratica, quello che avviene è la riduzione del contenuto in acqua della frutta e, per osmosi, un innalzamento graduale del contenuto in zucchero, portato a più del 70%. La conservazione degli aromi e del gusto dipende sia dal tipo di procedura scelta sia dall’abilità del pasticcere: qui sta infatti la differenza tra un prodotto artigianale ed un prodotto industriale. Di solito si impiega zucchero di barbabietola ma una frutta candita particolarmente pregiata si ottiene mediante canditura nel miele. In Italia esistono ancora ghiotte e raffinate preparazioni in cui la frutta è candita e conservata nel mosto cotto: tra queste, la saba o sapa dell’Emilia-Romagna.
La canditura vede frutta intera, polpa, scorze, o pezzetti/cubetti: ecco allora ciliegie, agrumi (tagliati a fette, ma anche interi se piccoli, come il manda-ino, il chinotto, il kumquat, il limone), albicocche, castagne (il celebre marron glacé), prugne, nespole, pesche, pere, mango, papaya, zucca, melone, zenzero, angelica, borragine, mimosa, rosa, viola.
La differenza tra canditi artigianali e industriali è notevole, frutto di due preparazioni completamente diverse che danno risultati altrettanto differenti e che sono alla base dell’apprezzamento o meno dei canditi. Nella lavorazione artigianale, la materia prima viene posta in una vasca di canditura e coperta di sciroppo. Per osmosi, si verifica uno scambio del liquido cellulare con la soluzione zuccherina. Dopo un certo periodo di tempo (variabile da un giorno a una settimana), lo sciroppo, ormai diluito, viene separato dalla materia prima e riscaldato per fargli perdere acqua tramite evaporazione ed eventualmente rinforzato con aggiunta di altro zucchero. Una volta arrivato alla concentrazione desiderata, lo sciroppo viene nuovamente versato sulla frutta: si tratta della giulebbatura (termine che deriva dall’arabo “giulab”, cioè acqua di rose), operazione che viene ripetuta finché la concentrazione di zucchero nei canditi non sarà quella desiderata. A questo punto, i canditi possono essere consumati oppure con-servati nello sciroppo di canditura fino al momento dell’utilizzo. Per facilitare il processo di osmosi, la frutta da candire viene porzionata.