I dolci della tradizione italiana in pizzeria

Se finalmente la carta dei dessert in pizzeria comincia a conquistarsi uno spazio a sé, con le classifiche che premiano i migliori pasticceri del settore, la scelta di costruire una carta che dia adeguato spazio al dolce non è cosa semplice: se alcuni puntano sulla tradizione – nella quale hanno la meglio capisaldi come tiramisù, panna cotta e pastiera – altri puntano sulla prosecuzione della linea “lievitati”; se c’è chi gioca su toni più leggeri con sorbetti e gelati, c’è anche chi guarda a torte e dolci al cucchiaio. Guardando alla tradizione, le possibilità offerte dalla varietà della pasticceria italiana sono notevoli: ecco qualche illustre rappresentante che può aggiungersi ai classici ricordati prima e che può rappresentare un vero salto di livello per una pizzeria se fatto a regola d’arte.
 
Babà
Simbolo dell’arte dolciaria napoletana, il babà ha una storia secolare che attraversa l’Europa, passando per Francia e Polonia. Ad inventarlo fu il re polacco Stanislao Leszczyński, in esilio in Lorena: decise di aggiungere uno sciroppo al rum al kugelhopf, torta di tradizione alsaziana di grandi dimensioni. Per aumentarne la morbidezza e conservarla più a lungo, il sovrano polacco decise di aumentare le fasi di lievitazione e aggiungere altri ingredienti come uva passa, canditi e zafferano. Certamente diverso dalla versione odierna, questo antenato del babà giunse a Versailles, dove la figlia Leszczyński, Maria, in occasione delle nozze con il re di Francia Luigi XV, aveva deciso portare con sé il pasticcere del padre, Nicolas Stohrer. Siamo all’inizio del Settecento, la corte apprezza il rum giamaicano e la ricetta viene modificata tenendo conto di gusti e tendenze: quindi rum per la bagna, niente zafferano e canditi e la forma a cupola rigonfia. L’arrivo a Napoli si deve a Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI e sorella di Maria Carolina d’Austria, sposata con il re di Napoli Ferdinando IV di Borbone: fu la regina a portare a Napoli, alla fine del Settecento, molte specialità gastronomiche, tra cui il babà. La prima testimonianza scritta risale al 1863 e si trova nel manuale di cucina italiana di Vincenzo Agnoletti ma si dovrà aspettare la fine dell’Ottocento perché il babà diventi un dolce diffuso fra la borghesia napoletana, fin dall’inizio consumato camminando, come un vero street food.
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Torta di rose
 
È uno dei lievitati più raffinati, per il quale si guarda alla cucina lombarda. Le origini, come si conviene, sono contestate. Secondo vari scritti, la torta di rose venne servita per la prima volta nel 1490 alla corte dei Gonzaga, per le nozze di Isabella d’Este arrivata a Mantova per sposare Federico II. Ispirato dalla bellezza della fanciulla sedicenne, il cuoco dei Gonzaga – nientemeno che Cristoforo di Messisbugo – realizzò un dolce che fosse simile ad un bouquet di rose: preparò una pasta lievitata che ritagliò in strisce, arricchite con burro e zucchero e arrotolate su sé stesse ricreando la forma di piccoli boccioli. Ricoprì quindi la teglia con queste piccole rose, disposte in cerchio: il risultato, una volta cotto, fu un meraviglioso dolce di pasta brioche. Golosa ed elegantissima, deve la sua bontà ad una dose significativa di uova e burro.
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Zuppa inglese
 
Nome che rimanda al Regno Unito ma origini italiane per un grande classico al cucchiaio. Strati sovrapposti di Pan di Spagna o savoiardi inzuppati nell’alchermes, alternati a crema pasticcera e crema al cioccolato, la zuppa inglese ha una storia articolata che attribuisce al dolce una paternità emiliano-romagnola, toscana o napoletana. L’ipotesi più probabile fa risalire la sua nascita a Ferrara, nel XVI secolo alla corte degli Estensi, come rielaborazione del trifle inglese, da cui il nome. La base sarebbe stata la bracciatella, una sorta di ciambellone, mentre allo sherry sarebbero stati sostituiti rosolio e alchermes. Nel ‘700 sarebbe arrivato il pan di Spagna - a sua volta ispirato ai savoiardi - e la crema pasticcera e il cioccolato avrebbero sostituito la panna. Altra ipotesi è quella che vuole origini toscane, nell’800: l’autrice sarebbe stata la governante di una famiglia inglese residente a Firenze, che avrebbe preparato una “zuppa” con biscotti avanzati ammorbiditi nel vino dolce, crema pasticcera e budino di cioccolato.
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Meringata
 
Fresca, leggera ma insidiosa da preparare, la meringata è un finale perfetto. Le origini del dolce sono contrastate e riporterebbero ancora al goloso ed appassionato Leszcyński. Per alcuni, fu inventata in Svizzera, nel ‘700, quando il pasticcere italiano Gasparini la preparò per la principessa Maria, promessa sposa del re Luigi XV, secondo altri – e qui entrano in campo anche le origini del nome – deriverebbe dalla marzynka, nome polacco con cui si indicava una preparazione creata dallo chef in servizio presso Stanislao Leszcyński, futuro duca di Lorena, che passò la ricetta alla figlia Maria, che a sua volta la introdusse in Francia.
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Torta Caprese
 
Un contrasto di colori e consistenze: la superficie cosparsa di zucchero e velo, che svela al taglio un impasto scuro; una crosta fragrante che al taglio lascia lo spazio all’interno morbido e giustamente umido. Mandorle, cioccolato fondente, burro, zucchero e uova, e soprattutto l’assenza di farina e lievito: la torta Caprese è inconfondibile. Le origini sono leggenda: da un lato c’è chi sostiene che fu realizzata su richiesta di Maria Carolina d’Asburgo, moglie di Ferdinando IV di Borbone. Voleva un dolce che le ricordasse le sue origini: ed ecco una torta al cioccolato ma nella quale i monsù sostituirono alla farina di frumento quella di mandorle. La seconda versione è datata 1920 e porta nella bottega di Carmine di Fiore, pasticcere napoletano che aprì una bottega a Capri. Un pomeriggio il pasticcere ricevette la visita inaspettata di alcuni compari del capo della malavita italoamericana Al Capone: in viaggio a Napoli per “affari”, pare fecero una deviazione a Capri per comprare le ghette preferite dal boss, prodotte da un artigiano locale. Per dare seguito in fretta alla loro richiesta di un dolce al cioccolato, Di Fiore impastò una torta alle mandorle, dimenticando di aggiungere farina e lievito. L’errore si rivelò un successo che varcò ben presto i confini dell’isola, divenendo nazionale.
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di Caterina Vianello

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