San Daniele: come da un piccolo comune del Friuli nasce l’eccellenza del prosciutto italiano.

Il Prosciutto di San Daniele Dop prende il nome dal piccolo comune in provincia di Udine che ne ospita la produzione, la cui principale attività economica si basa sulla filiera produttiva del prosciutto. È profondamente legato al luogo in cui viene prodotto: la posizione geografica ed il microclima rendono San Daniele del Friuli un luogo irripetibile per la stagionatura dell’insaccato, risultato dell’incontro tra la brezza fredda delle Alpi del nord e quella marina dal Mar Adriatico. Nel 1961, è stato costituito il Consorzio del Prosciutto di San Daniele che ad oggi conta 31 soci produttori, a tutela e promozione nel mondo di questa eccellenza territoriale.
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La materia prima

Partiamo dall’elemento principale delle materie prime del San Daniele Dop: le cosce di suino. Queste sono interamente prodotte e lavorate in Italia, in un’area geografica limitata. Parliamo infatti di una filiera produttiva composta da 3.799 allevamenti e 116 macelli, che abbraccia ben dieci regioni del nord e del centro della Penisola (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria). Ogni singola coscia è ottenuta da soli capi scelti delle razze Large White, Landrace e Duroc italiana. Sono poi anche ammessi i suini, in purezza o derivati, delle razze tradizionali di base Large White e Landrace, così come migliorate dal Libro Genealogico Italiano. E gli animali derivati dalla razza Duroc, così come migliorata dal libro Genealogico Italiano. Oppure ancora maiali di altre razze, meticci ed ibridi, purchè provenienti da schemi di selezione o incrocio con finalità compatibili con quelle del Libro Genealogico Italiano. I tipi genetici previsti sono caratterizzati dal raggiungimento di pesi elevati: il Disciplinare richiede un peso medio di 160 chilogrammi, con un range variabile del 10%. Sono invece assolutamente esclusi dal ciclo produttivo tutti i suini non appartenenti alle razze sopra indicate o non idonei ai tipi genetici consentiti. La creazione di una banca dati del DNA dei suini garantisce un’ulteriore azione di controllo sulla filiera con finalità antifrode e anticontraffazione del tipo genetico: attraverso un test del DNA sul prodotto finito, si certifica con la dovuta affidabilità l’uso di razze conformi.
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Il peso del Prosciutto di San Daniele e lo strato di grasso.

Dopo una prima scrematura eseguita già nei macelli, sono gli operatori specializzati dei prosciuttifici sandanielesi a selezionare i singoli pezzi da avviare alla produzione. Ogni coscia deve rispettare lo standard di peso minimo di 12,5 kg e non deve superare i 17,5 kg, con un rapporto costante di massa magra e strato di grasso. Quest’ultimo deve soddisfare specifici parametri circa il suo spessore e la sua consistenza: nella parte esterna della coscia fresca rifilata, lo strato di grasso, misurato verticalmente in corrispondenza del femore, non deve infatti essere inferiore a 15 millimetri, cotenna compresa.

Il sale marino.

Alle cosce selezionate e avviate alla lavorazione viene aggiunto il secondo ingrediente: il sale, rigorosamente di tipo marino a secco. Anche in questo caso si tratta di una materia prima italiana, proveniente dall’area centromeridionale del nostro Paese. Dopo essere stata cosparsa di sale, ogni coscia viene lasciata riposare ad una temperatura compresa tra gli 0 °C e i 3 °C per un numero di giorni corrispondente ai chilogrammi del suo peso. In questa fase il prosciutto inizia a rilasciare umidità e, successivamente, a disidratarsi. Il passaggio successivo è la pressatura, che permette al sale di penetrare all’interno della carne e aromatizzare tutto il prosciutto. In conformità con l’ultimo Disciplinare di Produzione emanato, la quantità di sale utilizzata è stata di molto diminuita, così da ridurre anche l’impatto ambientale del ciclo produttivo del Prosciutto di San Daniele.
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Il microclima.

Il terzo ingrediente del San Daniele DOP è il microclima di San Daniele del Friuli, che conferisce al prosciutto non solo il suo sapore tipico, ma anche le sue qualità organolettiche. Grazie alla sua posizione geografica le brezze che dal Mar Adriatico risalgono il corso Tagliamento incontrano i venti freddi che scendono dalle Alpi Carniche lungo l’alveo del fiume. Si genera così una leggera e costante ventilazione, cui i prosciutti vengono esposti durante la stagionatura. A ciò si aggiunge la presenza dello stesso Tagliamento, che scorre poco distante e lambisce la cittadina friulana. Il corso d’acqua funge da regolatore naturale di temperatura e umidità dell’aria. Garantendo così un ambiente ideale per la produzione dei prosciutti. È per questo motivo che i 31 prosciuttifici consorziati hanno sede solo ed esclusivamente a San Daniele del Friuli.

Il processo produttivo.

Entro 120 ore dalla macellazione, ciascuna coscia giunge refrigerata nei prosciuttifici di San Daniele. Qui vengono selezionati i singoli pezzi da avviare alla lavorazione. Ogni coscia deve infatti rispettare uno standard di peso minimo di 12,5 kg e non deve superare i 17,5 kg, con un rapporto costante di massa magra e strato di grasso. Se non soddisfa questi parametri, la coscia viene scartata. Una volta superato il controllo iniziale, viene apposto un timbro che certifica la data di inizio della lavorazione del prosciutto. Questo si aggiunge a quelli già presenti sulla cotenna, che riportano la sigla della provincia e il codice identificativo dell’allevamento, il mese di nascita del suino e il codice identificativo del macello. Una volta superata la prima scrematura, le cosce vengono portate in una cella frigorifera per permettere loro di raggiungere tutte la medesima temperatura, compresa tra gli 0 °C e i 3 °C.
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La salatura.

Secondo step è la salatura. Le cosce selezionate vengono cosparse di sale di tipo marino a secco, proveniente dall’Italia centro-meridionale. Dopo di che vengono messe a riposare in questa condizione per un numero di giorni pari al loro peso. In questa fase, il prosciutto inizia a rilasciare umidità e a disidratarsi. Fondamentale è poi il passaggio della pressatura, che permette al sale di penetrare all’interno della carne e aromatizzare tutto il prosciutto. È qui che il prosciutto inizia ad assumere la sua classica forma a chitarra. Una volta ripulite dal sale, le cosce vengono delicatamente massaggiate e riposte in telai, racchiusi in altre celle frigorifere. In questo nuovo ambiente, con temperatura tra i +4 °C e i +6 °C, il drenaggio di liquidi raggiunge il suo apice, grazie anche all’umidità compresa tra il 70 e l’80%. A questo punto sono pronte per essere avviate ai successivi passaggi di lavorazione in vista della stagionatura, che le trasformerà in prosciutti unici nel loro genere.
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La stagionatura.

Le cosce entrano nei saloni attorno al quarto mese dall’inizio del processo produttivo. E ci rimangono almeno fino al tredicesimo, come prevede il Disciplinare di Produzione. Il prosciutto di San Daniele ha dunque bisogno di tempo per diventare tale, e lo diventa solo dopo un lungo periodo di riposo. Il particolare assetto climatico limitato al solo territorio di San Daniele del Friuli si caratterizza per una soffice ventilazione e poca umidità: due elementi che creano un amalgama “notoriamente considerato ideale per la stagionatura dei prosciutti”. Queste condizioni ambientali producono “ulteriori elementi di caratterizzazione attraverso la veicolazione della microflora, che determina i tratti aromatici tipici del prodotto”.
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A cura della redazione

Marzia Buzzanca

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