Il lato "buono" dell'industria. Viaggio nel Made in Italy

Nel nostro Paese, sono oltre 70.000 le aziende che operano in questo campo, il quale rappresent a il primo per fatturato, at testandosi a circa 140 miliardi di euro l’anno (rapporto Luiss Business School, 2020).

Una delle frasi più celebri attribuite a Henry Ford è: “Qualità significa fare le cose bene quando nessuno ti sta guardando”. E, quando si parla di qualità, con tutto il rispetto per quanti ritengono superate le teorie fordiste, crediamo che questa definizione sia tra le più attuali, soprattutto per il settore dell’industria alimentare italiana.
Dopo una leggera flessione, che ha ridotto il fatturato di circa il 3% nel 2020, il 2021 ha segnato invece un +4% per la produzione italiana del settore agroalimentare, la quale, secondo le stime, è destinata a crescere ulteriormente nell’anno che stiamo vivendo. Come dimostra Federalimentare alla vigilia di Cibus (elaborando dati Istat) tra gennaio e novembre 2021, per rendersene conto basta scorrere le statistiche dell’export dell’industria alimentare italiana: +14,3% negli USA, +32,7% in Cina, +30,7% in Corea del Sud, +50,5% in Cile e ancora +21,2% in Sud Africa. L’Italia però va fortissimo anche nei Paesi dell’Unione Europea, facendo registrare una crescita del +21,4% in Polonia, del +19,6% in Spagna, del +7,1% in Francia e del +6,7% in Germania. Nel corso della Conferenza stampa di presentazione di Cibus 2022, il Presidente di ICE – Agenzia, Carlo Ferro, ha sottolineato poi: “L’export del nostro Paese è ripartito nel 2021 e così l’agroalimentare italiano che ha registrato una crescita del +14,7% rispetto al 2019. Alle nuove sfide dei mercati internazionali post-Covid, si aggiunge, tuttavia, uno scenario internazionale dominato da inattese e drammatiche complessità geopolitiche. In questo quadro fare sistema è ancor più importante”.
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Ecco, dunque, una delle parole del ventesimo secolo: FARE SISTEMA.

Ma perché? Anche in questo caso la risposta arriva dai numeri. Per avere un’idea di quanto sia forte il "brand Italia", basta pensare infatti al valore dell’Italian sounding. Federalimentare lo ha stimato a 54 miliardi di euro nel 2021 (erano 90 nel 2018), mentre Coldiretti ha parlato di 60 miliardi di euro nel 2015 e 100 miliardi nel 2021. Questo incremento delle falsificazioni alimentari (in alcuni casi vere e proprie frodi) è sicuramente dovuto a una importante affermazione dei prodotti italiani sul panorama internazionale ma anche a normative di protezione dei marchi poco efficaci. Sarebbe dunque opportuno formare una coscienza dei consumatori più viva, anche a livello comunitario ed extracomunitario, riuscendo così a mettere in relazione chi pratica e predica la qualtà e chi la ricerca nella sua spesa quotidiana. E, a proposito di qualità e di cosa si intenda con questa parola, appare utile dare uno sguardo allo studio che - come ogni anno, da 7 anni - anche lo scorso settembre l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha pubblicato in collaborazione con il gruppo bancario svizzero Ceresio Investors. È il Food Industry Monitor. Per il 2021, sono state prese in esame 854 aziende con un fatturato aggregato di 66 miliardi di euro. Tra queste, l’81% afferma di essere un’impresa sostenibile, il 78% offre almeno un prodotto sostenibile, il 44% sceglie i proprio fornitori anche in base alla loro sostenibilità e il 44% ha rivisto il packaging in ottica green. Appare dunque ancora più importante quanto ha affermato Manlio Di Stefano, Sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, in occasione della presentazione di Cibus 2022: “Ricordiamo che l’Italia vanta un primato mondiale sulle produzioni biologiche, il record per le produzioni agroalimentari a denominazione d’origine, e una varietà produttiva unica”.
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Sarà questo il segreto del successo dell’export dell’alimentare italiano nel mondo?

Probabilmente sì, perché fare industria oggi vuol dire dunque ancora una volta fare qualità, partendo dalla sostenibilità. È per questo che in questo numero la redazione di Pizza e Pasta Italiana ha allargato lo sguardo al mondo dell’industria alimentare, andando oltre gli artigiani del cibo ma per parlare a loro e con loro. Lo abbiamo fatto ricercando quelle grandi realtà produttive del Paese Italia. Il numero si apre infatti come di consueto con la “Prima Pagina”, ossia con notizie provenienti direttamente da quelle imprese che operano nel mondo dell’alimentare, fornendo prodotti e servizi agli operatori.
La parte più cospicua di questa edizione entra però nell’analisi più complessa di alcune grandi realtà dell’industria alimentare. Parliamo infatti di Eataly, nata da un’idea di Oscar Farinet ti nel 2002, inaugurata nel 2007 negli spazi industriali più famosi d’Italia, quelli del Lingot to di Torino e oggi presente nel mondo con 22 punti vendita, di cui la metà in Italia. Andiamo poi a scoprire chi ha rivoluzionato il mondo del monouso, consentendoci di dire addio alla plastica at traverso il brevetto del Mater - Bi, Novamont . Ed entriamo anche nel complesso mondo delle cer tificazioni del legno con Palm.
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Perché lo facciamo? Facile a dirsi! Siamo par titi da una domanda: l’industria buona esiste? E, se sì, dove si trova? Cosa distingue una buona industria da un’altra meno virtuosa? Noi alcune idee ce le siamo fat te. Ci auguriamo che la lettura delle pagine che seguono possa portare alle dovute riflessioni tut te e tut ti voi.
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a cura della redazione

Marzia Buzzanca

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