Francesca Calvi, la pizza nel destino

Questa è la storia di Francesca Calvi, che – scorrendo le pagine della sua vita – ci racconta di un destino apparentemente già scritto.
Sono nata a Empoli nel 1991 e sin da piccola sentivo che la mia passione era il buon cibo, il cucinare, ma nel crescere persi di vista il mio obiettivo... mi diplomai in lingue straniere, lavorando per una ditta di import/export e poi in alberghi, bar e come istruttrice di nuoto. All’età di 25 anni decisi di lasciare quei lavori perché sentivo di non essere felice, che quella non era la mia strada e che mi avrebbe portato col tempo a rimpianti e insoddisfazione personale. Sono stata per mesi disorientata, non sapendo che direzione prendere fino al giorno in cui, per puro caso, mi iscrissi ad un corso professionale di pizza e nel momento in cui ho messo le mani in pasta è arrivato il colpo di fulmine: in quel preciso istante ho capito quale sarebbe stato il mio futuro, il mio posto nel settore lavorativo”
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Che cosa è successo dopo quel “colpo di fulmine”?

“Non sono figlia d’arte e proprio questo mi ha dato lo sprone a dare e fare sempre il massimo. Mi ero ripromessa che a 30 anni avrei dovuto avere una grande padronanza dell’arte bianca, sia a livello pratico che teorico. Da qui ho iniziato a lavorare in alcune pizzerie, con tanti diversi maestri pizzaioli, per imparare più tecniche possibili sia di stesura (mattarello e a mano) che in merito alla cottura (forno a legna, gas ed elettrico) che infine sugli impasti (classica, napoletana, in teglia e alla pala) per cogliere le conoscenze e le pratiche di ognuno di loro. Così arriviamo ad oggi, dopo 6 anni di professione in cui sono passata da aiuto pizzaiolo a responsabile di reparto e ad avere il mio stile, il mio impasto e la mia tecnica di lavoro. Sono stati anni duri e pieni di sacrifici ma avevo solo un obiettivo: diventare brava ed avere una grande padronanza nel settore. Nei momenti difficili, il mio amore per questo mestiere mi ha sempre dato la forza di non mollare e dare sempre il meglio. Tutt’oggi sono sempre alla continua ricerca, perché la mia filosofia è: non sentirti mai arrivato a destinazione. C’è sempre da imparare e scoprire, anche perché il mondo evolve e di conseguenza ci dobbiamo evolvere anche noi. Chi si sente arrivato è perduto, la perfezione assoluta non esiste!”

In un libro, i segreti per fare la pizza in casa: perché?

“Nel 2020 ho pubblicato il mio libro A tutta farina per una serie di motivi: anzitutto perché la pizza è la pietanza italiana per eccellenza e volevo che qualsiasi persona a casa avesse avuto voglia di fare una buona pizza potesse disporre di un manuale da poter seguire... Spesso sento attribuire alle persone le parole pesantezza e gonfiore alla pizza, ma questo semplicemente perché non si sa come realizzarla, perché non basta mettere insieme farina, acqua, lievito, sale ed olio, ci sono dei processi fisici e chimici da cui non si scappa. Il secondo motivo è che in questi anni personalmente ho investito molto in corsi di formazione ma, essendo molto costosi, non tutti possono permetterselo o semplicemente non hanno tempo e possibilità di farlo. Ho dunque creato questa guida per tutti coloro che vogliano progredire nel sapere teorico e facendo tanta pratica a casa o sul luogo di lavoro. In questo modo, possono migliorarsi spendendo una cifra piccolissima e magari investire soldi solo per corsi davvero specializzati, senza i quali da soli non si riuscirebbe a capire. Infine il terzo motivo è prettamente personale. Da quando - dopo 2 anni da pizzaiola - sono stata promossa a responsabile di reparto mi sono resa conto di avere tanti dubbi, perché tra pizzaioli c’è il segreto professionale e non ti viene detto ed insegnato tutto per timore di essere copiati. Ovviamente tantissime cose si imparano sul campo, sbagliando e riprovando, ma con una piccola guida al tuo fianco ti senti un po' più sicuro di quello che stai facendo”.

Come raccontare la territorialità in una pizza? Ha ancora senso parlare di km. 0?

“Negli anni ho capito quanto fossero importanti non solo la realizzazione in sé dell’impasto, ma anche i prodotti che vengono utilizzati. Sempre di più sentiamo parlare di intolleranze ed allergie, questo perché in passato è andata a perdersi la ricerca del km. 0, di un buon prodotto realizzato a livello locale e non industrializzato. Ritengo che sia molto meno salutare mangiare prodotti di cui non si conosce l’origine e questo mi ha portato ad una ricerca di farine di alta qualità, di prodotti come verdure e carne a km. 0 che non solo fanno bene, ma hanno anche un gusto ineguagliabile e quindi di conseguenza ad un menù stagionale che cambia seguendo ciò che la natura ci offre. Quindi, raccontare la territorialità in una pizza è semplice: basta studiare le verdure di stagione, i prodotti locali, combinarli tra loro, fino a trovare il giusto equilibrio. Per fare un esempio pratico: per realizzare una pizza con la zucca dovrò aspettare ottobre; per una con il cavolo nero novembre, per una con i pomodorini giugno, per poi abbinarci successivamente dei salumi a km. 0. Nel mio caso, essendo fiorentina, sceglierò la finocchiona, la sbriciolona, il lardo di colonnata, il crudo di cinta senese e via elencando. Ovviamente alcuni prodotti non possono essere trovati a km. 0 - come per esempio, sempre nel mio caso, una mozzarella di bufala Dop - ma l’importante è risalire alla fonte e comprare non un qualunque prodotto industriale ma affidarsi a qualche buon caseificio”.

La passione per la pizza e la difficoltà di iniziare a fare questo mestiere: cosa consiglia alle giovani pizzaiole?

“Purtroppo a malincuore devo confessare che il fatto di essere donna è stato un peso, perché viviamo in una società dove la donna non viene vista come in grado di guidare un team, di lavorare sotto stress, ma soprattutto di sostenere un lavoro come quello della pizzaiola che viene definito faticoso e pesante. Mi sono state chiuse in faccia molte porte, prima di trovare un titolare che mi assumesse. Mi veniva sempre detto che questo non è un lavoro da donne, perché non avrei sopportato il lungo stress, sia fisico che mentale e che quindi sarei stata una perdita di tempo, che è sempre stato un lavoro da uomini e per tali deve rimanere. A tutte le donne che vogliono intraprendere un percorso in questo fantastico mondo dell’arte bianca consiglio di non mollare mai, di tentare e ritentare, perché all’inizio ho avuto molte difficoltà, ma col tempo le persone con cui ho lavorato hanno capito la mia passione, la determinazione e il talento, tanto da assumermi a tempo indeterminato e rivolgendosi a me con stima e rispetto. Ci sarà sempre chi ci reputerà “inferiori”, ma io chiamo questo atteggiamento con tre nomi diversi: debolezza, ignoranza e paura; guardate sempre dentro voi stesse, perché sta lì la vera forza ed un’occasione migliore si presenterà sempre”.

Esistono differenze di genere nel settore della pizzeria dunque?

“Purtroppo c’è questa convinzione che un uomo sia di per sé bravo mentre una donna deve sempre dimostrare, ma ad oggi posso dire che questo è stato un motivo in più per farmi spazio in questo mondo maschile, tanto che ora ho ottenuto il rispetto di tantissimi maestri pizzaioli. Ho formato ragazzi di cui sono fiera, che lavorano in tutto il mondo e che tutt’oggi mi ringraziano per quello che gli ho insegnato.
Nel mondo ci sarà sempre quella persona che crede in te e che ti aiuterà a crescere, e correre: a volte la si trova subito, altre volte bisogna tentare e ritentare ma, quando si ha un obiettivo ben prefissato in testa, guidato da passione, amore e talento, i risultati arrivano sempre. Quindi il mio più sincero consiglio è di non mollare mai, perché solo tu sai di valere, solo tu sai ciò che vuoi e nessuno al mondo potrà mai fermarti. Se credi in te stessa ed in ciò che stai facendo è impossibile fallire, perché parafrasando una celebre frase: “potrai perdere alcune battaglie, ma non la guerra!”.
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di D.M.

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