Il piatto ha origini molto antiche: probabilmente fu portato nell’arcipelago hawaiano dai polinesiani ed in particolare è da attribuire all’abitudine dei pescatori mangiare cubetti di pesce crudo durante le navigazioni. Il termine poke, infatti, in hawaiano, significa tagliare a pezzi, ed in effetti il piatto si presenta come una ciotola contenente pezzi di pesce crudo, solitamente tonno. Infatti, il precursore del poke diventò un pasto veloce da consumare soprattutto a bordo dell’imbarcazione.
Con il passare del tempo, al pesce sono stati aggiunti altri ingredienti. Dal riso alle verdure, fino ad arrivare ai vari condimenti. La bowl, ciotola di ceramica o carta, a seconda che il piatto si mangi comodamente a casa o si consumi per strada, contiene riso, verdure e pesce crudo.
Queste caratteristiche lo hanno reso uno dei cibi da asporto più in crescita nell’ultimo anno.
Progressivamente è aumentato anche il numero di “pokerie”, franchising o singole attività che hanno fatto del poke il proprio ingrediente principale. A testimoniare il boom del poke negli ultimi anni sono i dati. Basti pensare che dal 2014 al 2017, il numero dei ristoranti hawaiani e specializzati in poke bowl è raddoppiato passando da 342 a 700. Le prime catene europee, invece, hanno iniziato a fare la propria comparsa a partire dal 2017, ma solo con la pandemia ed il maggiore utilizzo delle app di delivering la vendita di questo prodotto ha conosciuto una vera e propria esplosione. Roma è la città italiana dove le poke bowls si sono diffuse maggiormente. Ma in generale il mercato delle pokerie ha visto aumentare il proprio fatturato di oltre il 70% negli ultimi due anni e le previsioni degli analisti sono ancora più rosee. Attualmente si contano quasi 400 ristoranti in tutte le grandi città italiane. In tutto il mondo il valore di mercato dei poke-bar arriva a 1,7 miliardi di euro. Le ormai celebri ciotole hawaiane, infatti, hanno conquistato tutte le grandi città italiane.
La facile interazione con i delivers e la facilità di produzione hanno contribuito alla crescita esponenziale di questo mercato. Un altro fattore fondamentale che ha contribuito alla diffusione del poke è la possibilità di personalizzare facilmente il contenuto della ciotola con ingredienti più o meno salutari. Sempre più comune è ad esempio il poke “vegan” che ovviamente non prevede l’utilizzo di tonno o salmone, assomigliando ancora di più ad una classica insalata di ortaggi.
La versione moderna del poke è, però, certamente, assai lontana da quella originale ma le proprietà nutrizionali del piatto sono state conservate. I modi in cui comporre un poke sono molteplici. Sia che il piatto si consumi al ristorante sia che lo si scelga da asporto. La particolarità del poke è proprio quella di poter decidere, in autonomia, con quali ingredienti realizzare il proprio piatto. Si va dal tipo di pesce al tipo di verdura o frutta. Se consideriamo la versione hawaiana, gli ingredienti che assolutamente non possono mancare sono il mix di pesce crudo e le alghe. A questi due ingredienti base vanno aggiunti: uova di pesce, olio di sesamo, cipolle verdi, salsa di soia. E ancora, inamona (noci delle Molucche), limu (vari tipi di alghe), sale marino, wasabi.
Nella versione moderna, invece, sono previsti ingredienti come: salsa sriracha, salsa teriyaki, funghi, avocado, ananas, coriandolo e cetriolo. Il poke non è un piatto povero di valori nutrizionali. Il suo apporto energetico medio è pari a 300/400 kcal, e deriva da carboidrati complessi del riso, proteine ad alto valore biologico del pesce, grassi omega 3 e omega 6 contenuto nell’olio, avocado e frutta secca. Oltre a contenere vitamine idrosolubili del gruppo B, quali tiamina (vit B1), riboflavina (vit B2), niacina (vit PP), acido pantotenico (vit. B5), piridossina (vit B6) e cobalamina (vit B12), vitamina liposolubile calciferolo (vit. D) ed alfatocoferolo (vit E) sono presenti i sali minerali quali fosforo, potassio, ferro, zinco e iodio, quest’ultimo necessario al corretto funzionamento della ghiandola tiroidea, deputata alla regolazione del metabolismo cellulare previo secrezione degli ormoni T3 e T4. Da non sottovalutare, però, l’eccessivo quantitativo di sodio derivante dalla salsa di soia.
L'eccesso di sodio è controindicato nella dieta per l'ipertensione arteriosa primaria sodio sensibile. L'abbondanza di purine rende il poke inadatto, in porzioni considerevoli, nel regime nutrizionale per l'iperuricemia, soprattutto di grave entità ovvero con attacchi gottosi e, anche, in quello per la calcolosi o litiasi renale da acido urico. Ben conservato, non ha, invece, alcuna controindicazione per l'intolleranza all'istamina.