In Italia potremmo ovviare al languorino con un bell’aperitivo ma, considerati gli sviluppi degli ultimi anni – nei quali ci siamo sempre più aperti a nuove esperienze gustative e mode – non escluderei la possibilità di optare per un “colapranzo” (scusate l’azzardo), ma in realtà è proprio ciò che significa la parola “brunch”. Un neologismo coniato nell’Ottocento e il cui primo utilizzo si deve allo scrittore Guy Beringer che lo riportò per la prima volta su una rivista di caccia, precisamente nel 1895.
I dettagli storici però li vedremo più avanti. “Brunch” è il risultato della fusione di due parole inglesi: breakfast (colazione) e lunch (pranzo), un ibrido che si consuma solitamente nella tarda mattinata della domenica e consiste in un lauto banchetto che va dai muffin alle uova, dal caffè alle insalate. Una tradizione anglosassone che si è capillarmente diffusa in America ed è approdata in Italia da pochi anni, ove non è ancora molto in voga ma è sicuramente una tendenza in crescita. Almeno è quanto riporta Bruna Baroni, esperta di consulenza, analisi e formazione nel mercato dei consumi fuori casa di TradeLab, la quale ha stimato che solo il 5% dei locali situati nei comuni con oltre 20.000 abitanti lo offre e quasi unicamente nel fine settimana.
Ciononostante, ritiene il fenomeno interessante soprattutto in relazione al costo: parrebbe infatti che uno scontrino medio sia pari al valore di 13,7 € a persona. In Italia, è possibile trovare diversi posti in cui poter provare il brunch, soprattutto tra Milano e Torino ma anche tra Roma e Napoli (in numeri nettamente inferiori rispetto al Nord). Non soltanto i ristoranti e gli hotel però optano per questa formula; in realtà, è un’esperienza insinuatasi nelle case di molti italiani. I brunch non sono tutti uguali; quello invernale si differenzia sostanzialmente da quello estivo e, come per tutte le preparazioni, è importante seguire la stagionalità inoltre, è possibile prepararne di varie tipologie: americano, vegano, inglese, di pesce, un mix ecc. Non si disdegna nulla.
Ma come si prepara un brunch fatto in casa? Seguendo semplici e piccoli accorgimenti: preparare un bel buffet ricco di piatti belli e colorati, spaziare dal dolce al salato, servire bevande calde e fredde (così come anche il cibo, questo – come il contenuto dei piatti – può dipendere dal genio dello/a chef), mangiare in un tempo a metà tra pranzo e colazione e, soprattutto, godersi cibo e compagnia. Certo è che in un brunch non possono mancare le classiche uova alla Benedict o strapazzate con il bacon, i french toast, i salumi, la frutta, la carne, le ciambelle (come i bagel), i club sandwich, i muffin con succhi vari, thè o caffè americano, per restare in tema anglosassone o statunitense e, perché no, qualche cocktail leggero. Ma è possibile anche italianizzare il tutto preparando brioche, graffe, croissant, insalata di riso o, perché no, una bella parmigiana di melanzane! Chi più ne ha più ne metta. Il tutto può variare ovviamente da regione a regione. La verità è che il brunch ha delle infinite potenzialità; basta dunque lasciar spazio all’immaginazione e alla creatività.