BRUNCH

Le parole del 2024

Ci  sono giorni in cui - specialmente nel weekend - ci si alza troppo tardi per la colazione e troppo presto per il pranzo: la fame però si fa sentire, allora che si fa? Semplice, un brunch.
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In Italia potremmo ovviare al languorino con un bell’aperitivo ma, considerati gli sviluppi degli ultimi anni – nei quali ci siamo sempre più aperti a nuove esperienze gustative e mode – non escluderei la possibilità di optare per un “colapranzo” (scusate l’azzardo), ma in realtà è proprio ciò che significa la parola “brunch”. Un neologismo coniato nell’Ottocento e il cui primo utilizzo si deve allo scrittore Guy Beringer che lo riportò per la prima volta su una rivista di caccia, precisamente nel 1895.
I dettagli storici però li vedremo più avanti. “Brunch” è il risultato della fusione di due parole inglesi: breakfast (colazione) e lunch (pranzo), un ibrido che si consuma solitamente nella tarda mattinata della domenica e consiste in un lauto banchetto che va dai muffin alle uova, dal caffè alle insalate. Una tradizione anglosassone che si è capillarmente diffusa in America ed è approdata in Italia da pochi anni, ove non è ancora molto in voga ma è sicuramente una tendenza in crescita. Almeno è quanto riporta Bruna Baroni, esperta di consulenza, analisi e formazione nel mercato dei consumi fuori casa di TradeLab, la quale ha stimato che solo il 5% dei locali situati nei comuni con oltre 20.000 abitanti lo offre e quasi unicamente nel fine settimana.
 
Ciononostante, ritiene il fenomeno interessante soprattutto in relazione al costo: parrebbe infatti che uno scontrino medio sia pari al valore di 13,7 € a persona. In Italia, è possibile trovare diversi posti in cui poter provare il brunch, soprattutto tra Milano e Torino ma anche tra Roma e Napoli (in numeri nettamente inferiori rispetto al Nord). Non soltanto i ristoranti e gli hotel però optano per questa formula; in realtà, è un’esperienza insinuatasi nelle case di molti italiani. I brunch non sono tutti uguali; quello invernale si differenzia sostanzialmente da quello estivo e, come per tutte le preparazioni, è importante seguire la stagionalità inoltre, è possibile prepararne di varie tipologie: americano, vegano, inglese, di pesce, un mix ecc. Non si disdegna nulla.
 
Ma come si prepara un brunch fatto in casa? Seguendo semplici e piccoli accorgimenti: preparare un bel buffet ricco di piatti belli e colorati, spaziare dal dolce al salato, servire bevande calde e fredde (così come anche il cibo, questo – come il contenuto dei piatti – può dipendere dal genio dello/a chef), mangiare in un tempo a metà tra pranzo e colazione e, soprattutto, godersi cibo e compagnia. Certo è che in un brunch non possono mancare le classiche uova alla Benedict o strapazzate con il bacon, i french toast, i salumi, la frutta, la carne, le ciambelle (come i bagel), i club sandwich, i muffin con succhi vari, thè o caffè americano, per restare in tema anglosassone o statunitense e, perché no, qualche cocktail leggero. Ma è possibile anche italianizzare il tutto preparando brioche, graffe, croissant, insalata di riso o, perché no, una bella parmigiana di melanzane! Chi più ne ha più ne metta. Il tutto può variare ovviamente da regione a regione. La verità è che il brunch ha delle infinite potenzialità; basta dunque lasciar spazio all’immaginazione e alla creatività. 
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Le origini
La storia colloca la nascita di questo fenomeno nell’Inghilterra di fine Ottocento e si riferisce ai lauti banchetti che i nobili e i borghesi organizzavano in seguito alle battute di caccia. Come già accennato, fu Guy Beringer a coniare il termine quando pubblicò l’articolo “Brunch: A Peal” sull’Hunter’s Weekly, una rivista di appassionati di caccia.
Lo scrittore descriveva questo rito come un momento di allegria e convivialità, affermando che fosse un’ottima occasione per rilassarsi al mattino, promuovendolo come un antidoto alle preoccupazioni della settimana (anche se molto probabilmente si riferiva a un modo socialmente accettabile per superare i postumi di una sbornia del giorno prima) e un elisir per migliorare l’umore. Il brunch come lo conosciamo oggi e che siamo abituati a vedere più che altro sugli schermi, però, proviene da una versione statunitense. È più o meno negli anni ‘30 del XX secolo che il brunch entra a far parte della cultura di massa, più specificamente durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando anche le persone “comuni” iniziano a sentire la necessità di rilassarsi la domenica. Negli anni ‘70 arriva nei grandi alberghi di New York (pare grazie al capriccio di clienti che pretendevano un’abbondante e tarda colazione) e negli anni ‘80 si diffonde progressivamente. Insomma, negli anni il brunch è arrivato anche in Europa e, come già detto, giunge in Italia a partire dalle grandi città.
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Nel 2024
Il brunch oggi fa tendenza e, per quanto non sia ancora diffuso a macchia d’olio in tutta Italia, è comunque riuscito a infilarsi nelle preferenze di molti. Probabilmente non sarà una moda passeggera come tante e, se è anche vero che i relativi costi sono più accessibili rispetto a quelli di un pranzo o una cena, prima  poi dilagherà. In fondo, che lo si provi a casa, in un bar o in un hotel di lusso resta sempre un’esperienza culinaria, un momento di relax da vivere in armonia tra chiacchiere e allegria.
Dopotutto, il buon cibo mette sempre tutti d’accordo.
Basti pensare alle esperienze piemontesi della Merenda Sinoira o a quelle campane del pic-nic in spiaggia… Insomma, anche se non lo chiamiamo così, noi “brunchiamo” da sempre.
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di Noemi Caracciolo

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