A Nanchino, l’antica aristocratica capitale della Cina, la notte era dolce e una brezza leggera invitava ad uscire dall’hotel, prezioso nella sua architettura, che ripeteva le sembianze viste ed ammirate qualche giorno prima nella “Città proibita”, memoria ora muta d’antichi splendori. La cena, in perfetto stile cinese, s’era prolungata grazie ai racconti e ai confronti tra noi ed amici locali.
Mezzanotte era appena passata e, nella piazzetta davanti all’hotel, c’era un certo viavai di persone: solo uomini in quell’occasione. Ci fermiamo ed ecco arrivare due carrettini che si fermano agli angoli dell’hotel. Curioso, assieme a un amico italiano, mi avvicino ad uno di questi e il proprietario, con abito e cappellino professionali, vendeva ai presenti, sopra un rettangolo di carta paglia, una specie di pappa densa che non conoscevo. Quel commercio durò un po’ di tempo e, quando nessuno si avvicinò ai due venditori, essi scomparvero. “Sono venditori di cibo di strada. Qui è normale e molto diffuso”, ci disse l’interprete. Ho poi saputo che in quel grande Paese moltissime persone si cibano non a casa ma per strada e sono chiamati i “mangiatori di strada”. Ravioli variamente farciti, polpette di grande varietà, tortini di carne a forma di chiodi, altri tortini a base di riso, ecc. sono tipici del cibo di strada cinese, che ho visto tuttavia variare nelle città dove sono stato: Pechino, Nanchino, Shangai e anche in una città dell’interno dal nome impronunciabile.
Ovunque, di giorno e di notte, ho visto questi carrettini ben organizzati con attorno numerosi clienti.
In altra occasione, ho visto analoghi carrettini in fila vicino al marciapiedi, lungo un grande viale di Bangkok ed ho visto gente scendere dai palazzi a fianco ed acquistare del cibo su un piattino di cartone ed un sacchettino di plastica ripieno di una salsa rossastra, che mi hanno detto essere molto piccante. Per la strada della capitale della Thailandia e in altre città del Paese, ho visto i venditori più vari, soprattutto di banane, come anche di altra frutta. Chi l’acquistava, iniziava subito a mangiarla e quello, probabilmente, era il cibo del giorno. Episodi analoghi, con ancora banane, ho visto nei Paesi caraibici, insieme ad altri venditori d’un liquido biancastro e dolce che preparavano sulla loro bicicletta, schiacciando tra due rulli delle canne da zucchero. Ed è proprio il caso di dirlo: Paese che vai, usanze che trovi. E vanno naturalmente rispettate, semmai assaggiando qualcosa, come ho fatto sia con le banane mignon che con quel liquido gustoso che è poi la base del rum.