Lo spirito di Stella

In questo numero speciale abbiamo voluto proporvi un'intervista ad una persona speciale, Andrea Stella.
Andrea è una persona che ha saputo come e meglio di tanti altri affrontare le avversità che la vita gli ha proposto, facendo fronte ad un cambiamento epocale delle sue condizioni di vita dopo un inevitabile ed umano periodo di scoramento.
Ha fondato, come prosecuzione di questo suo percorso di riflessione e reazione la Onlus Wheels on Wave, dedicata a tutti i portatori di disabilità che vogliano diffondere nel mondo un messaggio di pace e di rispetto dei loro diritti attraverso la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Gli obiettivi di Andrea e di tutti color i quali animano “Lo Spirito di Stella” è di condividere un sogno di aggregazione senza discriminazioni, superare i propri limiti culturali e fisici, promuovere la voglia di libertà delle persone e raccontare ogni singola storia, ognuna di esse accomunata dalla determi- nazione e dalla voglia di vivere appieno la propria vita nonostante le barriere.
Vi offriamo come ristoro dell’anima la sua storia e il suo coraggio, certi che ognuno di noi saprà trarre le giuste considerazioni.
Andrea, le chiediamo di presentarsi ai nostri lettori e di cominciare a raccontarci la sua storia.

Oggi ho 44 anni e faccio l'imprenditore, oltre a dedicarmi all'associazione Lo Spirito di Stella che ho creato dopo il mio incidente.
 
 
Ad un certo punto della sua vita ha dovuto far fronte ad un’avversità tra le più grandi.
Le va di condividere con i nostri lettori la sua storia?
 
Avevo 24 anni e fresco di laurea, vado negli Stati Uniti per ripassare l'inglese e festeggiare l'ambito traguardo.
A Fort Laurdeale, una città della Florida vicino a Miami, frequento una scuola di inglese e una sera devo andare a bere una birra con un ragazzo di Napoli compagno di studi. Vive in centro città, in un appartamento della scuola, in fondo ad una strada privata completamente circondata dal mare. Imbocco il ponticello di ingresso di Isle of Venice, questo il nome della via senza uscita, e parcheggio alla fine di fronte alla casa dell'amico. Vado a chiamarlo, suono a lungo ma visto il ritardo che avevo (in casa non c'era nessuno), torno all'auto che avevo affittato e trovo 4 persone mascherate che la stanno rubando. Mi fermo immediatamente ma una di queste mi urla qualcosa e mi spara. Cado a terra: le pallottole hanno colpito fegato, polmone e colonna vertebrale. 35 giorni di coma indotto e sono salvo, ma non potrò più camminare; la polizia mi dice che sono stato molto sfortunato, ho trovato semplicemente dei pazzi.
 
 
Quali furono i primi sentimenti e sensazioni iniziali e cos’è cambiato ad un certo punto?
 
Rientrato in Italia mi aspettano 4 mesi di riabilitazione e il morale a pezzi: diciamo che il mio primo pensiero alla mattina e l'ultimo alla sera era "io mi ammazzo... ma come si fa a vivere in carrozzina tutta la vita"
 
 
Quando ha cominciato ad elaborare dentro di se il progetto che sta portando avanti? E perché ha ritenuto importante cominciarlo?
 
Molte persone mi sono state vicine in quel periodo, in particolare mio papà mi spingeva a tornare a fare le cose che facevo prima. Tra queste c'era la barca a vela. Un giorno gli dissi "papà se devo tornarci voglio potermi muovere sulle ruote come prima mi muovevo sulle mie gambe".
Ho cercato una barca che mi consentisse di far questo ma non c'era e così, ne avevamo le possibi- lità, abbiamo trovato un cantiere sul lago di Como, quello di Mattia e Cecco che costruiva catamarani e che ha sposato il progetto. Il catamarano non inclinandosi lateralmente era il mezzo giusto, mi avrebbe permesso di muovermi liberamente. Co- struendo il catamarano le soluzioni che stavamo trovando lo rendevano più comodo per tutti, per cui spontanea è nata la domanda "ma se si può pro- gettare una barca per tutti perchè non una città?"
E così Lo Spirito di Stella è diventata anche una associazione onlus che in questi anni ha svilup- pato tanti progetti. Il primo è stato attraversare l'Oceano è tornare a Miami dove la mia vita era cambiata, volevo chiudere un cerchio con il mio destino ma volevo anche dire: "oggi purtroppo è più facile attraversare l'Oceano in sedia a rotelle che una città italiana"
 
 
 
In che cosa consiste questo progetto nello specifico? Che difficoltà ha trovato nel portarlo avanti e come le ha risolte? Che energie ha trovato dentro di se e come le ha trovate?
 
Dal 2003 ad oggi , abbiamo fatto 3 traversate, portato in barca più di 10.000 persone disabilità e loro accompagnatori in uscite giornaliere e lunghi viaggi, seminari nelle università e concorsi di idee per promuovere il concetto di Universal Design: il telecomando è nato per una persona disabile eppure lo usiamo tutti! Oppure i corsi di sci in Folgaria dove insieme alla scuola di maestri Scie di Passione abbiamo realizzato il primo comprensorio totalmente accessibile.
Nel 2017 è nato il progetto WOW Wheels on Wave, un viaggio da Miami a Venezia, passando per New York e Roma: abbiamo ritirato la Convenzione ONU dei diritti delle persona con disabilità e l'abbiamo consegnata al Papa a Roma. Un viaggio collettivo, 21 tappe con 21 equipaggi differenti, persone disabili e non, militari e civili, persone che conoscevamo e conosciute via internet. Un viaggio per far capire che se su una barca, dove gli spazi sono ristretti, dove si naviga giorno e notte, persone molto diverse possono coesistere e compiere una grande impresa, le nostre società non funzioneranno bene perchè le persone sono tutte uguali ma quando tutti rispettaranno le stesse regole e avranno gli stessi obiettivi.

Per me questo viaggio ha avuto anche un importante risvolto personale: io e Maria ci siamo infattì sposati in mezzo all'Atlantico, precisamente tra le Azzorre e il Portogallo, siamo saliti da fidanzati a New York e scesi sposi in Portogallo, tra la sorpresa di amici e parenti ignari della cosa e avvisati solo da una telefonata, WOW è diventato wedding on waves.
 
 
Ci parlava di come la cucina unisca, e di come sia successo anche a voi durante la realizzazione delle vostre attività?
Ce ne può parlare?
 
La cucina è un elemento fondamentale di unione! Immaginate di partire da New York e raggiungere le Azzorre dopo 20 giorni, 8 persone che si alternano nei turni di guardia, che dormono ad orari diversi, ma che si ritrovano in 2 momenti della giornata tutti assieme , a pranzo e a cena. Cucinare è un modo bellissimo per fare gruppo, devi fare con quello che hai, perchè per quanto grande sia la cambusa, senza freezer e comunque con un frigo da barca e non da casa, non hai per tutta l'attraversata quello che vorresti. Ma ecco la farina e nell'ultima attraversata ho imparato a fare pane e pizza. Impastare con le mani che soddisfazione! E poi condividere con gli altri la pizza appena fatta in mezzo all'Oceano, il sapore più buono del mondo.
 
 
Che messaggio possiamo dare ai nostri amici pizzaioli e ristoratori? Che cos’è che non deve mai venir meno e a che cosa invece si può rinunciare per perseguire il proprio sogno/obiettivo?
 
Dobbiamo sempre sognare, dopo l'incidente avevo perso questa capacità ma dobbiamo ritrovarla, io oggi vivo benissimo e non cammino, questa cosa 20 anni fa mi sembrava pazzesca, non so cosa il destino ci riservi ma dalle difficoltà se vogliamo possiamo sempre imparare e la nostra vita potrebbe imboccare sentieri sconosciuti che ci portano ad una metà insperata.
 
 
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