Il Pesto

Una posizione di rilievo acquisita da circa un ventennio, a scapito di altre, tra cui alcune delle famose e storiche salse madri. Infatti, migliorando non solo nel nostro Paese la qualità della vita, sono ovviamente cambiate anche le abitudini alimentari, espresse con piatti meno grassi e calorici e con tempi di cottura più brevi. Quindi anche le salse, venendo incontro alle attuali esigenze, sono ovviamente mutate, derivando oltre che da basi ittiche da quelle vegetali, privilegiando così il pesto. Una salsa fredda, (quasi totalmente vegetale), assurta nel tempo a simbolo di Genova, derivata dall’antica agliata (aggiaddaingenovese),laprimadelle6 salse classiche da mortaio risalente al 1200. Alla fine di questo lungo cammino durato poco più di sei secoli, nei primi decenni dell’Ottocento, aggiungendo il basilico e i formaggi all’aglio, l’olio d’oliva e il sale, e togliendo l’aceto, è nato il pesto. Mentre alcuni presunti gastronomi lo citano addirittura come derivato dal “garum”.
 
La prima ricetta scritta del pesto è certamente curiosa. Giovanni Battista Ratto, raffinato gourmet con vezzo di scrivere, nel suo libro “La Cuciniera genovese” edita a Genova dai fratelli Pagano nel 1864, cita l’impiego di formaggio olandese nel pesto (fortunatamente sostituito)! A distanza di alcuni anni, Emanuele Rossi, oltre a copiarne la ricetta, ne aggiunge molte altre, e da alle stampe il volume “La vera cuciniera genovese facile ed economica ossia Maniera di preparare e cuocere ogni genere di vivande”. Ma non basta: Emerico Romano Calvetti nel 1910 dando una sua versione, faunasintesidelleduecuciniere, riportando nella sua opera, la ricetta n° 39 “ la battuta o savore d’aglio”. Infatti, come citato in precedenza, il pesto deriva dall’aggiadda (agliata), una salsa che serviva per conservare i cibi cotti e per coprire gli aromi e sapori di carni troppo frollate (come le frattaglie) o già con inizio di putrefazione. 
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La ricetta del pesto

Dosieingredientiper1kgdiPesto: 30%di Basilico Genovese DOP (foglie fresche di piantine giovani); 25% di Parmigiano Reggiano Dop di 36 mesi grattugiato al momento; 5% di Pecorino Sardo Dop di 15 mesi grattugiato al momento; 10% di pinoli di Pisa prima scelta; 2-3%diagliodiVessalico; 1,5-2%disalegrosso marino;23-25% diolioextraverginedioliva DOP Riviera Ligure (dolce e maturo). 
 
Preparazione: togliere le foglie di basilico dalle piantine, lavarle e farle asciugare su carta assorbente o nella centrifuga, facendo attenzione a non schiacciarle. Porre l’aglio già mondato nel mortaio, pestarlo col pestello di bosso o di frassino fin tanto da ridurlo in poltiglia e, così, anche per i pinoli. Unire il basilico e il sale e schiacciare - senza più pestare - a lungo roteando, sino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungere i formaggi e, sempre rimestando, incorporare l’olio versato a filo. Se il pesto fosse troppo denso, diluirlo con un cucchiaio d’acqua calda della cottura della pasta. Caratterizza diversi primi piatti di pasta fresca e non della cucina genovese e ligure, come trenette, lasagne, gnocchi, troffiette e, non ultimo, il classico minestrone. Avvertenze: le foglie, necessariamente asciutte, non devono minimamente essere stropicciate, perché le vescicolette contenenti gli oli essenziali poste sulla pagina superiore della foglia, rompendosi, provocano un’ossidazione del colore e degli aromi, rendendo prima il pesto verde sbiadito-marrone o verde scuro, e poi con note verde-nero, dall’aroma solamente erbaceo.
 
Il pesto fatto nel frullino elettrico, a parte che viene una salsa emulsionata simile ad una crema, scaldandosi per l’alta velocità si ossida in parte anch’esso e fa quadruplicare l’effetto piccante dell’aglio. Il mortaio era e deve rimanere un attrezzo di cucina, poiché l’aglio pestato nel mortaio non si scalda; inoltre il sale messo assieme alle foglie di basilico, sotto l’azione roteante del pestello, le sminuzza finemente e, essendo il sale igroscopico, ne rallenta l’ossidazione. I pinoli, considerandoli un’aggiunta fatta verso la fine del 1800, possono essere anche facoltativi. Obbligatorio invece l’aglio, che trova perfetta armonia col basilico genovese. Chi lo toglie (Dio lo punisca) abbia l’onestà di non chiamarlo più pesto, ma semmai salsa al basilico. Infine, perché l’olio deve essere maturo e dolce? Semplice: l’olio oltre a far da solvente per le sostanze aromatiche, conferisce il perfetto amalgama, esaltando l’aroma del basilico ed attenuando il piccante dell’aglio. 
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Il regale basilico

Chiamato in dialetto Baxaicò e Baxeicò e comunemente “basilico” (dal latino basilicum), il suo vero nome botanico è “Ocimum basilicum”, derivato dal greco òkimon = basilico e basileus = re: vale a dire erba regale. Anticamente in Grecia era coltivato in vasi come pianta ornamentale; stesso, ma anche per le virtù curative, dagli Arabi. In India era considerata una pianta sacra. Molte delle sue specie sono usate sia in cosmetica sia in medicina. Solo in Liguria era già usato in cucina. Le varietà di basilico coltivate in Liguria e che appartengono alla varietà Typica sono prevalentemente: basilico genovese gigante, basilico genovese nano e basilico genovese comune. Gli aromi caratteristici sono derivati dagli oli essenziali contenuti nelle vescicolette della pagina superiore della foglia: estragolo max 87%, linalolo max 75%, eugenolo max 20%, tannini max 6%, saponina acida, monoterpeni, sesquiterpeni, fenilpropani, flavonoidi, acido caffeico ed esculoside. Le zone di maggiore produzione in Liguria, sono in pieno campo, nella provincia di La Spezia, in particolare nel Sarzanese e, in misura minore, ad Albenga e Andora nel Savonese, con circa 240 ettari. Invece nelle serre, oltre la provincia di Savona con l’Albenganese, seguono in misura minore, il Genovesato e l’Imperiese, con oltre 180 ettari. La migliore zona produttiva del basilico nel Genovesato, è la delegazione di Prà, vero e proprio “cru” del Basilico Genovese. Nel 2005 ha ottenuto la DOP. 

Il mortaio

Il mortaio di marmo è da considerare un vero e proprio utensile di cucina. Due secoli fa, entrava di diritto nei regali di nozze delle coppie genovesi. Spesso e volentieri, lo troviamo nelle case come sopramobile, ferma carta, porta fiori e chincaglierie varie e, non ultimo, per fermare la porta del terrazzo o del giardino. L’originale forma tonda del mortaio, fu modificata dai Liguri addirittura nel 1200, perché erano gli unici ad usarlo per farne salse e schiacciare e mescolare ingredienti per realizzarne farce e dolci. I Liguri inventarono quelle quattro protuberanze a forma di piccoli capitelli, in dialetto oegge, cioè orecchie, per sollevarlo e farlo girare. Operazione quest’ultima, necessaria per fare il pesto nel mortaio. Con gli ingredienti posti nel mortaio, facendo roteare il pestello di legno contro la parete conica del mortaio e, con l’altra mano, girarlo in senso opposto, gli ingredienti si amalgamano perfettamente. 

Il pestello

Il Pestello di che materiale è fatto? Solo di legno. Nel Carrarese usano il pestello di marmo, in quanto nel mortaio raffinano il sale grosso. Ma non tutti i tipi di legno vanno bene per far pestelli. Il più frequente è di legno d’olivo stagionato. Certamente un legno duro, carente in tannino, dalla fibra e dal colore particolari. Essendo anche un legno lievemente “grasso”, dopo l’uso, il pestello deve essere lavato con sapone ed acqua calda, per evitare sentori di rancido. Ideali i legni di pero, melo, albicocco e frassino, stagionati almeno 5-8 anni. Negativi il castagno e il rovere, per l’alto contenuto di tannino, in particolare nel castagno. Il tannino accelera l’ossidazione degli oli essenziali contenuti nel basilico. L’altezza e spessore del pestello deve essere rapportata all’incavo del mortaio. Un mortaio dall’incavo di 15 cm di diametro ed alto 9-10 cm (dal centro del fondo a quello del diametro) richiede un pestello dalla testa leggermente conica e lunga 8-9 cm, il diametro di 7- 7 cm. (poco meno della metà del diametro dell’incavo) e, col manico, dalla fine della testa, lungo almeno 12-13cm.Leragionisonoleseguenti: la forma, la grandezza e la lunghezza della testa del pestello, permettono di lavorare gli ingredienti su quasi tutta la parete dell’incavo, accelerando i tempi di realizzo ed evitando così l’ossidazione. Mentre la distanza che intercorre tra la testa del pestello ed il manico, evita il contatto del polso col bordo del mortaio. 

Altri modi per (non) fare il pesto

Oltre il pratico ma discutibile frullatore (meglio alcuni cutter) in uso da non molti decenni, per fare il pesto ci sono altriduemodi. Ilprimo,epurtroppo ancor oggi in uso, è con la mezzaluna. La lama dell’attrezzo e il non breve tempo di realizzazione fa ossidare completamente il basilico, conferendo poi al pesto sentori solamente vegetali. Lo stesso facendolo col coltello. Meglio decisamente il tritacarne, ma con spirale in moplen e una griglia con piccoli fori. Inserendo nella tramoggia del tritacarne tutti gli ingredienti assieme, tranne l’olio che sarà aggiunto alla fine, si avrà un pesto più granuloso, ma di maggiore persistenza aromatica ed armonia. 

Il basilico genovese fuori del pesto

Benché coltivato nel nostro Paese da secoli, il basilico non è riuscito a diffondersi in natura. Originario degli stati caldi dell’Asia, attualmente oltre all’Italia, è coltivato estensivamente in Francia, Egitto, Marocco, Grecia, Israele, Indonesia, in molti stati degli USA e in alcuni altri dell’America del Sud. Le diverse cultivar hanno differenti caratteristiche fenologiche e, ancor più di natura aromatiche. Molte cultivar hanno foglie bollose e grandi, ma le pregiate presentano piccole foglie. La loro dimensione varia anche dall’età della pianta di basilico. Ideali le foglie di piantine giovani col gambo ancor verde, se in parte lignificato; oltre la grandezza, le foglie hanno un colore verde scuro, un sentore pungente e un sapore tendente all’amaro per la lieve percezione tannica.

Quindi le foglie di basilico da usare in un’insalata, un aspic o in una salsa fredda devono essere di giovani piante e raccolte pocoprimadelloroimpiego. Perpiatti caldi: antipasti, primi e secondi piatti e pizze, le giovani foglie di basilico vanno doverosamente aggiunte un momento prima di servirli. Il calore della cottura sia nel tegame che al forno, distrugge irrimediabilmente l’aromaticità e la croccantezza del basilico. Non a caso il Pesto è una salsa fredda. Quindi il miglior basilico da usare per realizzare piatti e pizze, è solo quello fresco edigiovanipiantine. Digrandeproduzione in estate in campo aperto, il basilico è reperibile in minor misura anche nel periodo invernale, in quanto coltivato in serre. La coltivazione in serra tutto l’anno, da il miglior prodotto, non solo preservandolo dal freddo, ma anche dal caldo. Coltivato in campo aperto, se la temperatura sale oltre i 30°C , avviene l’ossidazione delle sostanze coloranti e aromatiche. Se usato per la realizzazione del pesto, quest’ultimo avrà inizialmente un colore giallo-marrone che, dopo alcuni minuti, diverrà verde carico tendente al nero.

Quando le piantine di basilico hanno il gambo lignificato, le foglie possono essere impiegate per farne una salsa verde per bolliti misti e per pesci, oppure schiacciate con l’aglio e messe nei minestroni. In ultimo, se ne può preparare una zuppa di basilico servita con dadini di pane tostati conditi con un filo d’olio extravergine d’oliva. 
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di Virgilio Pronzati

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