DAL CUCINIERE ALLO CHEF: CHI LAVORA IN UNA CUCINA?

Nelle cucine di ristoranti, trattorie, osterie con cucina e pizzerie, troviamo spesso degli operatori dalle qualifiche che lasciano dubbiosi, se non addirittura perplessi.
Proviamo a fare ordine, partendo da quelle che sono le figure ormai istituzionalizzate ovvero lo chef de cuisine (che è il capo cuoco) e il sous chef, il secondo cuoco della brigata.
Alle dirette dipendenze del capo cuoco ci sono poi i responsabili di linea, ovvero:
Chef Poissonnier, specializzato nelle preparazioni a base di pesce;
Chef Rôtisseur, che lavora vicino alla griglia e al forno;
Chef Entremetier, specializzato nei primi piatti, verdure, legumi e uova;
Chef Potager, specializzato in zuppe e minestre;
Chef Pâtissier, specializzato nel settore pasticceria.
Naturalmente, questa abbondanza di personale la si trova quasi esclusivamente nelle sontuose cucine dei ristoranti dei grandi alberghi internazionali, numerosi anche in Italia. Qui ogni chef ha i suoi aiutanti, detti commis, e si arriva a diverse decine di operatori. L’executive chef è tuttavia una figura presente solo nelle strutture con organizzazioni complesse, quelle che figuravano nei grandi alberghi ai tempi di Cesare Ritz e Augusto Escoffier, coloro che tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 hanno rivoluzionato sia gli hotel che i ristoranti, realizzando quella che è ricordata come “La Grande Cucina”.
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In cucina

Oggi si è molto meno organizzati e, se vogliamo essere precisi, dobbiamo dire che, a parte gli aiutanti e i lavapiatti, le qualifiche che troviamo nei ristoranti e nelle trattorie sono presto dette:
1 – Cuciniere: persona di cucina che sa preparare piatti semplici come pastasciutte, bistecche, carni bollite, verdure crude e cotte e poco altro. Non conosce o conosce poco la storia della gastronomia, ancor meno quella dei prodotti che impiega e dei piatti che prepara, anche se ha l’ambizione di preparare qualche piatto interessante. In genere lo si trova nelle cucine delle trattorie a prezzo fisso, accontenta i clienti ma ignora di quante calorie (e di che tipo) siano composti i piatti che prepara.
2 – Cuoco: persona di cucina che conosce tutto della filiera dei prodotti che impiega: da dove provengono, quanto costano, quante calorie producono, quali sono i migliori abbinamenti, sa la storia della cucina e conosce e sa impiegare tutte le cotture di base (bollito, arrosto, stufato, a bassa temperatura, sott’olio, ecc.). Ha alle spalle una buona esperienza, conquistata lavorando in diverse cucine con bravi chef, anche “creativi”, in Italia e all’estero e sa realizzare dagli antipasti ai dolci, variando le proposte nel rispetto della stagionalità e della tradizione del luogo ove opera. È dunque un serio professionista, sicuro nel suo lavoro, che può governare anche cucine importanti. 
3 – Chef: termine spesso usato a sproposito per indicare un cuoco. Questa parola significa “capo” ma nei ristoranti è meglio avere un cuoco. Nella presentazione che abbiamo fatto della brigata di cucina dei grandi alberghi, come costruita da Auguste Escoffier, gli “chef” sono i capi delle linee di lavoro (antipasti, primi piatti, secondi, verdure, dolci) e dipendono dal “cuoco”, che è il responsabile primo della cucina, mentre l’executive chef è il responsabile dell’organizzazione (garantisce i prodotti necessari, il personale che serve, l’organizzazione del lavoro quotidiano, ecc.). 
 
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Il cuoco

Il cuoco è dunque il personaggio principale, il capo della cucina, attorno al quale ruota tutto il lavoro e garantisce l’efficienza del servizio di sala (preparando i piatti richiesti nei tempi giusti, passandoli perfetti al personale di sala). Abbiamo prima accennato alla preparazione e all’esperienza del cuoco professionista. Oggi per essere cuoco serve frequentare con profitto una Scuola Alberghiera almeno triennale per acquistare una qualificata cultura di base, una conoscenza accurata dei prodotti che entrano in cucina; i modi di conservarli accuratamente e usarli con il minimo degli scarti; i costi di ogni singolo piatto e quello che viene comunemente chiamato “food cost” che rappresenta il rapporto tra le spese sostenute per acquistare i prodotti e gli ingredienti necessari alla preparazione dei piatti e il ricavato generato dalla vendita di questi stessi piatti. Conoscere il food cost di ogni singolo piatto è fondamentale per garantire non solo la sopravvivenza del ristorante ma il necessario guadagno per superare indenni i momenti di difficoltà (non dimentichiamo la pandemia). Poi c’è la pratica e nelle Scuole Alberghiere gli allievi imparano a preparare i prodotti, ad es. un pollo da cuocere in tegame, un pesce da squamare, eviscerare, insaporire, ecc. e poi procedere alle cotture, come prima ricordato, cioè i vari modi di arrostire la carne e il pesce, di bollire, le cotture alla griglia e allo spiedo, ecc. Quanto precede è solo la base. Diceva il grande Gualtiero Marchesi che l’apprendista cuoco, una volta apprese le conoscenze dei prodotti e le tecniche di cottura di base, deve imparare a cucinare come la nonna (ormai bisogna dire la bisnonna, se non la trisavola), poi può iniziare l’apprendistato presso bravi cuochi (Maestri di cucina), possibilmente con qualche esperienza all’estero. Alla fine di questo percorso da compiere senza fretta, l’allievo cuoco può ricevere dal suo ultimo maestro la qualifica di “cuoco”. 
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Il professionista

Solo quando è qualificato “cuoco”, questa persona può assumere la direzione della cucina di un ristorante, diventando un vero professionista. E deve sapere – ma sarebbe molto meglio se gli venisse detto al primo anno della Scuola Alberghiera da cuochi di lunga esperienza e seria capacità - che il cuoco è al servizio dei clienti e il ristorante deve essere aperto quando ci sono i clienti, ovvero – a seconda dei luoghi in cui si trova – a pranzo e/o a cena, nei giorni feriali e/o in quelli festivi... e così via. Quello del cuoco è un lavoro duro, a volte senza orario, ma lo stesso avviene per molte altre professioni, come il medico, l’infermiere, l’autotrasportatore, il consegnista, il personale ferroviario, ecc. per cui nella società moderna tante professioni devono dare la propria disponibilità tutti i giorni della settimana, naturalmente salvaguardando i doverosi giorni di riposo, le ferie, le malattie, come dai rispettivi contratti di lavoro. In tante aree turistiche marine e montane, con l’attività chiusa per lunghi mesi, il personale è chiamato a lavorare in molti casi sette giorni su sette, naturalmente previ accordi contrattuali ed è dovere degli ispettori del lavoro operare corretti controlli a difesa dei diritti e della salute dei lavoratori. Ma è interesse dei titolari offrire qualcosa in più a chi con la propria professionalità e la propria dedizione tiene alto il nome del ristorante. Non è nostro compito inserirci nelle dinamiche sindacali ma ci pare corretto indicare le realtà e i problemi del lavoro nel mondo della ristorazione; realtà e problemi comuni a tutti i paesi sviluppati e soprattutto nelle zone interessate al turismo.
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E il pizzaiolo?

Penso sia equiparabile per serietà, competenza, conoscenza delle materie prime, del loro uso, degli strumenti di lavoro ad un bravo cuoco, anche perché le pizzerie sono oggi i luoghi di ristorazione in assoluto più diffusi e dal lavoro dei pizzaioli dipende non solo l’alimentazione, ma, in parte, anche la salute dei propri clienti. Anche per questo i pizzaioli devono essere seri e qualificati professionisti.
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Giampiero Rorato

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