Il Friuli Venezia Giulia è terra di confine e contaminazione, un luogo tra evidenze storico-artistiche e paesaggi antropici di rara bellezza. È qui che opera Enrico Maria Milic, uno dei più attivi promotori delle esperienze turistiche del suo territorio. Il percorso personale e professionale di Milic è ricchissimo di spunti interessanti ed è da lì che partiamo per andare alla scoperta del vero significato del termine “destinazione”.
Enrico Maria Milic si definisce
“uno sradicato antropologo del 1976, nato in cerca di radici, che nella sua vita ha cambiato più volte stato, città e paese. Sono un triestino, che da bambino mangiava golosamente la jota, una minestra di crauti e fagioli profumata di antenati e discendenti ma non disdegnava i sofficini surgelati di Capitan Findus. Sono figlio di papà giornalista e mamma medico, intellettuali e cittadini, a loro volta sradicati dalle campagne degli antenati, almeno nella generazione prima. Sono un europeo di lingua italiana che nel 2000 a 23 anni ha mollato gli ormeggi dalla sua città tra Italia e Slovenia ed è planato a Roma, la millenaria metropoli, vivendo di una startup di internet, Studenti.it, come fondatore e direttore editoriale.Poi, mi sono trasferito a Belfast dove mi sono messo a studiare l'antropologia delle emozioni, per tuffarmi sotto la superficie delle ciàcole standard e delle strutture dell'economia. Poi, sono tornato di nuovo sui miei confini, dove ho iniziato a studiare e conoscere la lingua slovena, quella di molti dei miei antenati e nel 2007 ho preso una microscopica casa sulle colline del Carso. Dal 2009 mi occupo di promozione e racconto della campagna, sia per il mio territorio, sia per aziende e organizzazioni no profit in giro per l'Italia.”
Un percorso bello e tortuoso, dunque. Giungendo alla sua visione del contemporaneo, cos’è una destinazione turistica e come si costruisce?
“Il turismo, soprattutto per quanto riguarda territori meno famosi e quindi più interessanti, sta cambiando velocemente nel senso che, per le vacanze, sempre più gente tende a spendere non per andare in una “destinazione” ma per andare a fare un’esperienza specifica: per esempio un cammino, un tour in bici, un ritiro yoga e tante altre attività più o meno tracciate dai dati di mercato. In questo senso, la “destinazione turistica”, che una volta era il nome di una città, una spiaggia o una valle, associato a una lista di aziende che offrivano servizi ai turisti, oggi mette al centro le esperienze delle persone e chi le organizza. Nel mio approccio di lavoro, quindi, la valorizzazione di una destinazione turistica parte dallo scovare e aiutare a crescere chi offre queste esperienze, sia promuovendole al meglio nei contesti digitali e presso quel residuo esistente di agenzie turistiche, sia mettendolo in rete con il più ampio numero di altre aziende locali dedicate ai turisti.”
Quanto conta l’enogastronomia nel turismo e come vede il futuro di questo settore?
“Solo pensando al target stranieri e tra i tanti dati, a partire dalle dichiarazioni pubbliche di AirBnb Experiences, sappiamo che la motivazione enogastronomica è tra quelle che più spingono alla scelta del viaggio o che comunque lo rendono più memorabile e significativo. Mi sembra che rispetto all’enogastronomia non manchi la qualità diffusa del lavoro e dei prodotti. Mi sembra invece che sovrabbondino tante grandi idee per tante grandi strategie ma manchino azioni concrete e utili per piccoli concreti e decisivi miglioramenti dell’offerta enogastronomica. Gli imprenditori sono soli e per questo sono normalmente arrabbiati.”
Ci racconta l’esperienza di Trieste Green? Quali sono i segreti del suo successo?
“Nel novembre del 2018, nel contesto del GAL Carso, abbiamo iniziato a pensare a una piattaforma digitale che raccontasse un territorio debole e frammentato dai vari nomi: Carso, Breg, Istria, ovvero la campagna dietro a Trieste. In quel periodo registrammo il dominio Trieste.Green, pensando di rappresentare al meglio il verde di Trieste. Solo nel 2020 però, con il primo lockdown, abbiamo messo online il sito. Nei primi due mesi, grazie alla promozione della consegna di prodotti agricoli a domicilio, stimiamo di aver spostato tra i 100 e i 200 mila euro di fatturato verso una manciata di aziende agricole che ci avevano chiesto aiuto. Senza il nostro intervento, probabilmente quel fatturato non ci sarebbe stato e questo perché siamo intervenuti tempestivamente e efficacemente tramite una strategia digitale. Nel corso del 2020, abbiamo integrato l’e-commerce dei prodotti agricoli locali con una lunga serie di guide al territorio, con la selezione delle migliori esperienze turistiche esistenti tra il Golfo, le colline circostanti e la città e, soprattutto, con una strategia di promozione sia online sia offline di cui l’agenzia di promozione turistica regionale è partner. Nel 2021 abbiamo fatto conoscere prodotti e servizi della nostra campagna presso oltre 2.000 persone, di cui circa il 25% turisti. Per un territorio debole e piccolo sono cifre importanti, anche perché sono un’aggiunta e non una sostituzione di fatturati e clienti precedenti.
Col lavoro di Trieste.Green riempiamo un buco storico di valorizzazione e promozione di Carso e dintorni che non solo c’era in ambito digitale ma c’era in qualche approccio snobistico di chi ha preferito occuparsi di turismo in città
o turismo di massa sul mare o in montagna. Ma tanti turisti e tanti consumatori oggi più che mai cercano prodotti agricoli di nicchia e luoghi “off the beaten track”, in cerca di un’anima e di cuore, che la società standard malgrado tutte le sue sproporzionate risorse non sa offrire.”
o turismo di massa sul mare o in montagna. Ma tanti turisti e tanti consumatori oggi più che mai cercano prodotti agricoli di nicchia e luoghi “off the beaten track”, in cerca di un’anima e di cuore, che la società standard malgrado tutte le sue sproporzionate risorse non sa offrire.”
di David Mandolin