Nome: FRANCESCA GERBASIO
Città: SALA CONSILINA (SA)
Professione: PIZZAIOLA
Locale: LA PIETRA AZZURRA
Francesca Gerbasio, originaria di Padula, un percorso alle spalle nella ristorazione, iniziato in sala come terapia alla sua timidezza e per prendersi cura delle persone, come ci tiene a raccontare. Dalla sala alla pizza il viaggio è stato lineare, anche se lei si sente una pizzaiola per caso “oppure aveva la pizza nel sangue e non lo sapeva”. Comincia a fare dei corsi di cucina e di pizza: “volevo conoscere, capire di più per poi avviare un mio progetto, ma non pensavo mica di diventare la pizzaiola di oggi. Tutto comincia nel 2011 seguendo i corsi di Michele Croccia, che capisce prima di me le mie potenzialità e mi ha chiesto di rimanere a lavorare con lui… la storia poi la conoscete”.
E, per chi non la conoscesse, ve la raccontiamo noi. Francesca lavora con Croccia presso “La Pietra Azzurra” in Cilento e nel 2015 apre la sua prima pizzeria “Pizz e Maccarun” a Sala Consilina (Sa) e Michele diventa suo socio, fin quando nel 2020 tutto si trasforma in una seconda sede de “La Pietra Azzurra”, abbracciandone completamente la filosofia. Negli anni di intermezzo ci sono tante pizze, i concorsi a cui Michele la iscriveva e i premi conquistati. Tra i più importanti, c’è il Pizza Chef Emergente Sud del 2014 che la decreta non solo vincitrice ma anche la prima ed unica donna ad averlo vinto, fino ad arrivare a essere protagonista della serie TV Pizzagirls in onda su LA5. E qui entriamo nel cuore della conversazione, affrontando la questione delle donne pizzaiole e del perché sono in netta minoranza rispetto agli uomini.
“Mi faccio spesso questa domanda e non riesco ancora a darmi una risposta o una spiegazione che possa essere logica” - ci dice Francesca - “e pensare che in passato era la donna a fare la pizza, specie quella fritta e venderla per strada. Oltre a essere un lavoro faticoso, forse da un punto di vista sociale non è mai stato concepito un mestiere nobile al pari dello chef. Al contrario di ora, prima il pizzaiolo era un lavoro facile, quasi improvvisato, fatto per necessità più che per passione, quindi più lontano dal genere femminile. Oggi la pizza si è evoluta, è cresciuta l’opinione intorno alla pizza, la cultura che ne rappresenta e di conseguenza la figura del pizzaiolo sta percorrendo la stessa strada del cuoco. Per alcuni versi abbiamo pizzaioli come vere pop star”. Troviamo interessante questa ipotesi più socio-antropologica di Francesca per spiegarci le differenze numeriche, che sono alimentate anche da visioni stereotipate di chi ancora si meraviglia che una donna faccia la pizza e ancora di più che la sappia fare. “Tante volte e in tanti modi più o meno eleganti mi sono sentita definire ”una donna che fa la pizza”, una frase che si carica di tante sfumature e alle volte può anche far male.
Ricordo all’inizio di clienti che non volevano la pizza fatta da me per palese mancanza di fiducia. Tutto ciò è stato per me motivo per fare sempre meglio, una sfida con me stessa e poi con il resto del mondo”. E bisogna dire che la pizza Francesca ha imparato a farla bene da subito, ne sa qualcosa il suo mentore Michele Croccia. Fondamentalmente di stile napoletano, ma si cimenta in tutti i formati: teglia, pala, panini. Il suo impasto è indiretto con biga, ottenuto da grani antichi e lievito madre, con una maturazione di 24/36 ore, e si è specializzata anche in pizze senza glutine. Ama sperimentare, nella sua carta della pizza trovate impasti anche con il cacao o l’orzo.
Tra le sue pizze preferite c’è “Tisblocco un ricordo”, rivisitazione della pizza al ruoto come si faceva a casa una volta in Cilento, la pizza che preparavano le nonne e le mamme prima di infornare il pane, con un sapore ben distinto dalla pizza moderna, quasi ancestrale. La sua cucina è semplice, si lega alla tradizione e sposa un principio per lei essenziale: “Niente preparati, solo materia prima. Altrimenti finiremo per rendere piatti e pizze tutte uguali!” - e continua - “La pizza è il mio modo di esprimermi, è qualcosa che tira fuori la mia creatività.
È attraverso le mie pizze che mi racconto e parlo di me. Ecco perché per me la pizza deve essere personale, deve racchiudere in sé i nostri valori, ciò che siamo, deve in un certo qual modo essere il nostro specchio. L’impasto ai grani antichi mi somiglia, mi fa emozionare ogni volta che lo assaggio e provo sempre a migliorarlo. E poi la pizza deve partire dalla terra, deve essere ambasciatrice del nostro territorio, mettere insieme materie prime vere e di qualità, soprattutto sane per avere un prodotto finale sano, produttori appassionati e mani esperte. Se la pensiamo così, lontana dallo stereotipo del barattolo e del condimento da metterci su, allora stiamo riscattando la pizza in tutta la sua essenza e riscattiamo in dignità anche il mestiere di pizzaiolo”. A modo suo, Francesca cerca di essere versatile e personale; per lei questo è la pizza, massima possibilità di espressione: “Sulla pizza troviamo e mettiamo il nostro stile e la crescita degli ultimi anni ci dice che siamo sulla strada giusta per nobilitare questo mestiere.
Forse stiamo rischiando per certi versi di allontanare la pizza come piatto dal popolo e dovrebbe essere nostra cura garantire che ciò non accada, anche se ci piace sperimentare”. Anche a Francesca Gerbasio chiediamo un consiglio per una ragazza che vuole fare questo mestiere.
“È un mestiere bellissimo e non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. L’importante è non improvvisare, studiare sempre. Noi donne abbiamo sensibilità, delicatezza, creatività e mettiamo in tutto ciò che facciamo una dose maggiore di impegno e passione. E riusciamo bene in questo lavoro, ecco perché dobbiamo farci strada e dobbiamo crescere”.
E conclude: “E poi la pizza è un prodotto vivo e la donna è portata a dare la vita”. Un evidente sillogismo.