La ricerca dell'abbinamento (im)perfetto tra cibo e birra

L’abbinamento tra cibo e birra non è un’esperienza banale e può avere diversi approcci. Il primo è sicuramente quello legato alla tradizione dei territori di origine delle tipologie di birra esistenti sul mercato. Questo tipo di approccio avviene quando si desidera vivere le esperienze che hanno da sempre caratterizzato la cultura del cibo dei luoghi a cui ci si ispira. Un esempio di questo tipo di abbinamento è quello delle ostriche con le Stout, da sempre un binomio indissolubile in gran parte dei paesi dell’Europa settentrionale, con l’Irlanda in testa.
Se da una parte questo abbinamento è dettato dalla facile reperibilità della birra e delle ostriche in quei luoghi, dall’altra, da un punto di vista tecnico, le caratteristiche dell’ostrica (sapidità, grassezza e succulenza) si sposano perfettamente con quelle della birra (secchezza finale, amaro da malti tostati e leggera acidità).
Una seconda modalità per unire cibo e birra è legata alla stagionalità, quella che vede in campo le modifiche delle ricette in funzione del periodo dell’anno in cui vengono preparate: piatti leggeri e meno strutturati, solitamente utilizzati nel periodo primaverile ed estivo, necessitano di birre leggere e di facile beva, mentre i piatti consumati nei mesi freddi, in genere più strutturati, sono abbinabili a birre complesse, alcoliche e con un corpo più elevato.
Una terza strada è quella legata alle materie utilizzate dai microbirrifici artigianali per caratterizzare le proprie birre, fenomeno molto sentito in Italia. In genere queste materie prime sono tipiche delle zone limitrofe ai luoghi di produzione e spesso sono usate anche nella gastronomia degli stessi territori, cosa che diventa interessante quando i due prodotti sono consumati insieme.

Il metodo di abbinamento che mi piace approfondire maggiormente è quello tecnico, dove vengono analizzati organoletticamente il cibo e la birra, evidenziando le caratteristiche gustative e tattili dell’uno e dell’altro, trovando le giuste combinazioni tra loro, in un gioco di concordanze e contrapposizioni che possono interpretare il gusto personale del consumatore, nell’esaltazione delle caratteristiche gusto-olfattive del binomio cibo-birra.
In questo tipo di approccio è fondamentale saper individuare le caratteristiche del piatto, partendo dall’individuazione degli ingredienti che prevalgono rispetto agli altri e le sensazioni che li caratterizzano. 

Possiamo trovare due categorie di sensazioni, le morbide e le dure.

Sono sensazioni morbide la grassezza, l’untuosità, la succulenza, la tendenza dolce e la dolcezza.
Le sensazioni dure sono invece la sapidità, la speziatura, l’aromaticità, la tendenza amara e la tendenza acida.
Vediamo nel dettaglio come possiamo riconoscere queste sensazioni e in quale tipologia di ingredienti.
La grassezza è percepita come pastosità al palato, con la formazione di una sorta di patina coprente tipica dei grassi solidi. Questa sensazione è individuata soprattutto nei formaggi e nei salumi, ma anche nel cioccolato. Spesso è accompagnata anche dalla tendenza dolce, di cui parlerò in seguito.
 
L’untuosità è riconoscibile dalla scivolosità percepita in tutta la bocca ed è legata alla presenza di grasso allo stato liquido. La possiamo percepire in salse a base di olio come la maionese, nei piatti preparati con burro fuso e nelle fritture. La soglia di percezione è condizionata anche dalla presenza di altri ingredienti.
 
La succulenza è individuabile per la presenza di liquidi in bocca. Questa può essere intrinseca quando il cibo ha una forte componente liquida, tipica della mozzarella di bufala o delle minestre, ma può essere anche indotta, quando la lunga masticazione di alcuni cibo induce la produzione di saliva.
 
La tendenza dolce è percepita in tanti alimenti che al palato danno la sensazione di dolce, pur non avendo zuccheri aggiunti al proprio interno. Tra questi troviamo molti ortaggi (carote, cipolline, zucca), la frutta, i cereali, i legumi, le carni succulente e alcuni pesci come gamberi e scampi.
 
La dolcezza è riscontrabile nelle preparazioni alimentari in cui viene aggiunto zucchero, come dessert e dolci.
 
La sapidità può essere individuata negli alimenti in cui viene inserito sale, sia prima che dopo la cottura, o in quelli in cui viene percepito per effetto della stagionatura, come salumi e formaggi.
 
La speziatura viene percepita per effetto dell’uso di spezie o erbe aromatiche. Inoltre la si può riscontrare anche in salumi e formaggi, oltre che nei piatti finiti come il risotto allo zafferano. Molto spesso la speziatura è legata alla piccantezza.
 
L’aromaticità è una caratteristica naturale in alcune materie prime come il pesce, i formaggi, i funghi e alcuni crostacei, ma può essere determinata anche dalla speziatura, come nel caso dello speck o del pesto alla genovese.
 
La tendenza amara è una caratteristica intrinseca di alcuni alimenti come il radicchio trevigiano, il fegato e il tartufo. Può essere invece il prodotto dell’aggiunta di alcune spezie o erbe aromatiche, così come può essere effetto della cottura, come nel caso di piatti cucinati alla brace.
 
La tendenza acida può avere diverse origini. Quella legata al mondo del latte può essere riscontrata nella mozzarella di bufala o nello stracchino, mentre è naturale in alcuni ortaggi come il pomodoro. A volte si presenta per effetto dell’utilizzo di agrumi e aceto nella preparazione dei piatti. 
Alla fine dell’analisi delle sensazioni percepite, viene fatta una sintesi del tutto e si stabilisce la struttura del piatto, che è tanto maggiore quante più sono le caratteristiche individuate.
Altro dato da individuare è la persistenza gusto-olfattiva, paramento da paragonare a quello della birra.
Prima di cominciare un vero e proprio tentativo di abbinamento, bisogna valutare proprio la struttura e la persistenza del piatto. Queste due caratteristiche devono trovare equivalenza nella birra, in cui andiamo a valutare il corpo, la complessità e la persistenza.
Da questo momento in poi comincia il vero è proprio gioco dell’abbinamento, partendo da un fattore di cui bisogna tener conto. Noi tutti siamo dei “taster” diversi, con soglie di percezioni del gusto che cambiano da persona a persona, sia per fattori fisiologici che ambientali e territoriali, tenendo conto anche delle abitudini alimentari. Quindi nell’abbinamento possiamo creare delle strade che risultano il più possibile comuni per tutti, ma che possono portare percezioni diverse da soggetto a soggetto.

Detto ciò, vediamo quali caratteristiche della birra dovremmo avere per creare un abbinamento (im)perfetto.

Oltre a struttura e persistenza, anche la speziatura e l’aromaticità devono essere paragonabili tra cibo e birra, per evitare che uno dei due prevalga sull’altro.
Nel caso di piatti in cui risulti essere presente untuosità, proviamo ad abbinare una birra che presenti una buona effervescenza ed una leggera acidità (wiesse, blanche o saison).
Nel caso di sapidità, tendenza amara, speziatura, piccantezza e tendenza acida, possiamo provare un abbinamento con birre a tendenza dolce (mild, bock, dubbel, scotch ale, doppelbock, quadrupel), che possono essere di gradazione e strutture diverse a seconda della complessità e struttura del piatto.
Nel caso specifico della speziatura possiamo intrapredere due strade: quella della birra a tendenza dolce, se vogliamo abbassare la percezione della speziatura (o piccantezza), ma potremmo anche scegliere di esaltare questa caratteristica e quindi dobbiamo abbinare una birra che abbia un buon amaro finale.
Nel caso della dolcezza, possiamo lavorare con birre a tendenza dolce che possano avere aromaticità e struttura molto simili a quelle del dessert. 
 
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Ma facciamo quale esempio pratico per alcune portate

Partiamo dai formaggi. Prendiamo ad esempio una Mozzarella di Bufala, formaggio a pasta filata che si presenta succulento, a tendenza acida e con una buona grassezza. A questo prodotto possiamo abbinare una Weisse, birra ad alta fermentazione di origine bavarese che ha tra le sue caratteristiche quella di avere al gusto una dolcezza iniziale che tende ad una leggera acidità finale, con una buona frizzantezza, tutte caratteristiche che fanno di questa tipologia di birra un ottimo accompagnamento alla mozzarella.
 
Nel caso di un formaggio stagionato, che esprime una buona grassezza, sapidità e piccantezza, troviamo un buon abbinamento con le Triple, birre della tradizione belga, dalle note fruttate al naso e al palato, un grado alcolico elevato, buona secchezza finale con il giusto grado di amaro. Queste caratteristiche riescono a contrastare quelle del formaggio stagionato ed equilibrano al palato le punte di piccantezza dello stesso.

Con un tagliere di salumi, in presenza di grasso, potremmo trovare interessante abbinare una birra dalla buona struttura, secchezza e alcolicità moderata, come nel caso delle Bock tedesce o le Dubbel belga.
 
Nel caso di un secondo piatto di pesce, come la frittura di calamari e gamberi, dove troviamo sia untosità che aromaticità, un buon abbinamento può essere fatto con una saison, tipica birra belga dalle note speziate (pepato) dato dal lievito e dalla secchezza finale, utile per pulire il palato dall’unto della frittura.

Se a fine pasto ci viene voglia di abbinare una birra ad un dolce, possiamo divertirci con una Stout o una Porter quando ci troviamo nel piatto una fetta di torta caprese o un tiramisù, oppure una Barley Wine con le paste di mandorla.

Potremmo continuare con infinite combinazioni tra cibo e birra, trovando sempre la birra giusta per ogni piatto, dall’antipasto al dolce. Per dare ampio spazio a queste combinazioni, ho realizzato un progetto dal nome Birra in Tavola che si occupa esclusivamente di questo settore. Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito www.birraintavola.it o seguire il progetto sui vari social (facebook, instagram e twitter). 
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di Alfonso Del Forno

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