La salute vien mangiando
Con cibi piu sani servono meno dottori e meno medicine
Gli antichi ricettari arabi sono stati pensati e scritti come libri di medicina, al servizio dei medici del tempo, tradotti poi in latino e, molto dopo, in italiano. Ricordo, per fare un solo esempio, che un medico originario di Cremona, attivo a Padova nel corso del XII secolo, conosciuto come Giambonino da Cremona, tradusse, su incarico della Repubblica di Venezia dei libri di dietetica e medicina provenienti dal Vicino Oriente, in particolare dal Califfato di Bagdad. Tra questi il più importante, redatto da Ibn Jazla tra il XI e XII secolo, tradotto in latino dal medico cremonese, è intitolato Liber de ferculis et condimenti. Nelle indicazioni per cure mediche praticate in quei secoli nel mondo arabo, allora molto evoluto, ci sono anche ricette di pasta, carne, pesce e dolci e quei testi medici arrivarono in occidente soprattutto attraverso Federico II di Svevia (11941250), re di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero che aveva la sua corte a Palermo. Sempre su richiesta di Federico, uno degli uomini più colti del suo tempo, vengono poi realizzati, sulla scia delle opere mediche arabe, dei ricettari italiani, fra i quali il più importante è il “Liber de coquina”, da cui derivano altri ricettari simili, a Napoli, in Toscana, a Venezia, dove i compilatori, probabilmente scalchi (una specie di amministratori generali) o cuochi di case signorili, adeguano le ricette originali alle tradizioni locali, lasciando da parte quelle più tipicamente mediche.