L’accurata ricerca delle materie prime

Una sapiente rivoluzione nella ristorazione di qualità

Fino a non molto tempo fa la maggioranza del vasto mondo ristorativo italiano si riforniva per le proprie esigenze dai grossisti che, in certi casi, avevano nei loro cataloghi tutte o quasi le materie prime utilizzate nelle cucine: carni, salumi, prosciutti, sughi e concentrati vari, oli di vario tipo, spezie e via elencando. Spesso, ciò che contava di più non era tanto la qualità ma il costo e la scelta spesso privilegiava prodotti pur buoni ma meno costosi. Questo a grandi linee, con le dovute eccezioni che fortunatamente c’erano e non erano poche. Poi, pian piano, con l’accresciuta cultura professionale dei ristoratori e dei cuochi – ogni anno dalle Scuole Alberghiere escono migliaia di giovani cuochi (anche se poi la maggior parte sparisce) – in linea spessa con una migliore cultura alimentare e conoscenza dei prodotti da parte dei clienti dei ristoranti, c’è stata una salutare rivoluzione.
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Dalla fattoria...

Ecco allora diminuire il numero dei grossisti davanti ai ristoranti, mentre c’è, di contro, un crescente sviluppo nelle campagne di fattorie specializzate nella produzione di materie prime alimentari di alta qualità. E lì un numero sempre maggiore di ristoratori trova legumi e ortaggi, prodotti in molti casi in assoluta assenza di prodotti chimici; quindi animali da cortile e ancora salumi, frutta di stagione, ecc. Queste aziende – vere fattorie esemplari ispirate a concetti biologici – sono diventate punto di riferimento per numerosi ristoranti e trattorie, i cui titolari sono andati pure a cercare e scegliere la risaia ove acquistare il riso; un frantoio privato o cooperativo che lavora esclusivamente olive proprie dove scegliere e acquistare l’olio extravergine d’oliva; una macelleria che lavora carni provenienti da seri allevamenti italiani ove acquistare la carne, salumi compresi, un pescatore o un fornitore di assoluta fiducia dove acquistare i prodotti ittici. Se un ristorante sceglie la propria materia prima in questo modo, allora si è certi che la sua cucina ha una base seria, sana, sicura.

...alla tavola

Questa dunque è la nuova tendenza della ristorazione italiana. Ricordiamo che fino agli anni ’70 circa del secolo scorso c’erano in Italia molte più trattorie che ristoranti (questi si trovavano soprattutto negli alberghi) e la cucina era ancora quella della nonna, seppur esteticamente migliorata. Poi, per l’influsso della Nouvelle Cuisine fatta conoscere in Italia da Gualtiero Marchesi, la ristorazione ha subìto una prima rivoluzione: piatti meno casalinghi, molto più curati, esteticamente belli con accostamenti anche nuovi e qualche tentativo di francesismo non sempre intelligente. Alla Nouvelle Cuisine è seguita la cucina “fusion” e poi la “molecolare”, ma la materia prima continuava ad essere procurata dai grossisti di settore e spesso la scelta privilegiava quella meno costosa. È vero che Gualtiero Marchesi, dagli anni ’70 del secolo scorso uno dei più celebrati innovatori della cucina italiana, non badava troppo alla regionalità e stagionalità dei prodotti, purché fossero seri e buoni – c’era comunque nei suoi piatti un’arte straordinaria che emozionava - ma intanto le nuove idee  cominciarono a circolare e un numero crescente di ristoranti cominciò a scegliere bene, anche se dovevano spendere un po’ di più.

Due storici esempi

Nel frattempo alcuni straordinari cuochi italiani (cuochi, non chef, come ripete Fulvio Pierangelini, un grandissimo cuoco e manager) – come lo furono Angelo Paracucchi alla Locanda dell’Angelo ad Ameglia dal 1974 e Gianni Cosetti al Roma di Tolmezzo dal 1969 -  seguono una linea diversa da quella privilegiata da Marchesi: privilegiano i prodotti del territorio nel rispetto della stagionalità, selezionando la qualità migliore. Gianni Cosetti, ad esempio, percorre le vallate della Carnia, ricerca le erbe spontanee, i formaggi di malga, i salumi e i prosciutti contadini, riprende le vecchie ricette tramandate dalle nonne e le rinnova con straordinaria sapienza, dando vita a una “nuova cucina carnica” che altro non era che la sapiente evoluzione della tradizione e la sua fama era tale da far giungere a Tolmezzo, nell’estremo Nord d’Italia, i massimo gastronomi del tempo. Angelo Paracucchi pubblica poi le sue straordinarie ricette in “Cucina Creativa all’italiana” (Sperling & Kupfer, 1986) e Gianni Cosetti le presenta nel suo “Vecchia e Nuova Cucina di Carnia”, volume sempre attuale, edito ancor oggi da Andrea Moro di Tolmezzo. 
Questi due personaggi hanno dato vita a un movimento molto interessante che ha alimentare la più seria delle rivoluzioni nella ristorazione italiana, quella adottata da sempre, fra gli altri, dalla famiglia Santini del ristorante dal Pescatore di Canneto sull’Oglio e da Heinz Beck celebrato cuoco de “La Pergola” a Roma. Quella ispirata da Paracucchi e Cosetti e convintamente seguita da tanti altri ristoranti italiani è la vera grande cucina italiana, quella che piace ai gourmet di tutto il mondo, una cucina che sceglie direttamente la materia prima, che affonda le radici nella tradizione, che privilegia territorio e stagionalità e che viene presentata con signorile eleganza  in ambienti molto accoglienti, dove opera del personale di alta professionalità. Perché così è e deve essere la grande ristorazione italiana, un traguarda verso il quale tutti i bravi cuochi e i seri ristoratori devono costantemente puntare.
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di Giampiero Rorato

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