Pellegrino Artusi e l'unificazione a tavola!

Con il grande romagnolo è nata la cucina nazionale

Se dopo l’Unità d’Italia per gli italiani arrivò il momento di un “linguaggio gastronomico” condiviso, il merito va attribuito al libro “La Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” di Pellegrino Artusi, romagnolo di nascita ma fiorentino d’adozione. Fu lui a valorizzare la cucina regionale e poi ad unificarla – in pratica – in un’unica grande tavola da Nord a Sud! A tal proposito, nel 1970, lo storico Piero Camporesi scriveva: “Bisogna riconoscere che “La scienza in cucina” ha fatto per l’unificazione nazionale più di quanto non siano riusciti a fare i Promessi Sposi” …
La prima edizione del libro venne stampata a Firenze, nel 1891, presso la tipografia “L’Arte della Stampa” di Salvadore Landi a spese di Artusi, poiché nessun editore si era reso disponibile a finanziarlo. Nei confronti del libro appena uscito la critica si dimostrò severa, e più di qualcuno cercò persino di dissuadere l’autore dai suoi propositi. Tuttavia “la bontà” del progetto prevalse, e in poco tempo “il manuale artusiano” raggiunse insperata e imprevista popolarità, a tal punto che negli anni a seguire, fino al 1911, fu ristampata più volte (ben 15!) riscuotendo sempre brillanti risultati. Il capoluogo toscano vide la nascita del progetto editoriale di Artusi per una ragione precisa! Qualche anno prima si era trasferito da Forlimpopoli, suo paese natale, a Firenze per estendere il suo profitto – lì la sua famiglia aveva rilevato un banco per la vendita della seta – attività che gli garantì sicurezza economica e amicizie influenti.
Questa condizione sociale gli permise di vivere di rendita e di dedicarsi alle sue passioni, soprattutto i viaggi e l’enogastronomia. Visitò così le maggiori città d’Italia e le relative trattorie, facendo scorta di ricette (circa ottocento) e prendendo nota sulla loro esecuzione. Queste esperienze gli suggerirono la realizzazione di un manualetto gastronomico “ad hoc” per le famiglie. Un trattato poco tecnico, vicino alle esigenze casalinghe e attento alla stagionalità e alle primizie presenti di volta in volta nei mercati. Oltre ai piatti e alle istruzioni per realizzarli (sperimentati dai cuochi personali – Marietta Sabatini e Francesco Ruffilli) – Artusi inserì nel ricettario dettagli per la conservazione delle pietanze, l’ordine delle portate (antipasto, primo, secondo e dessert) assieme a “basilari” insegnamenti di dietetica, dalle minestre alla conclusione del pasto (nella pubblicazione è il capitolo la Cucina per gli stomachi deboli).
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Un libro tutto nuovo

Tutte evidenti novità, poiché la stragrande maggioranza dei libri di cucina stampati sino ad allora non erano stati pensati per la cucina abituale, bensì per quella professionale. Per la gastronomia di tutti i giorni si aprivano così nuove e stimolanti opportunità! Inoltre, visto che durante il Risorgimento Artusi era stato patriota e membro della “Giovine Italia”, inseguiva il sogno di unificare il Paese anche sotto il versante culinario! E ci riuscì, tuttavia le influenze della cucina romagnolo-toscana sono evidenti (ricette titolate all’uso di Romagna), probabilmente realtà famigliari a Pellegrino Artusi. Comunque si tratta di una piccola “trasgressione” che non pregiudica né gli intenti né l’impegno letterario. A successo raggiunto, mise in piedi una fitta corrispondenza con cuoche e massaie, ricavandone apprezzamenti e critiche, che poi gli sarebbero servite per migliorare quanto scritto. Proprio come fanno i moderni “food-blogger”, quando prendono in considerazione un commento lasciato dai lettori sotto i loro articoli, nei blog o nei social-media quali Facebook o Twitter!
Altra caratteristica da rilevare è l’italiano di facile comprensione utilizzato dall’autore, un modo di esprimersi privo di termini forbiti o inutili “francesismi”, tipici della letteratura di allora. Certo, rileggendolo ora alcuni termini appaiono superati, ma per l’epoca era un cambiamento considerevole. Per quanto riguarda le ricette, esse sono descritte con commenti pertinenti, ma volendole preparare al giorno d’oggi andrebbero “alleggerite” nei condimenti. A ogni modo si guarda alla “Scienza in cucina” non tanto per un utilizzo pratico, bensì per i concetti che rappresenta e il suo peso culturale. Ed è così da oltre un secolo!
La scarsa istruzione, l’indigenza economica e i limiti dell’informazione non permisero al ricettario di avere una divulgazione “globale”. L’opera, infatti, non entrò nelle case di tutti gli italiani ma in modo particolare in quelle del ceto medio! Però non mancarono né i giudizi favorevoli né l’indispensabile “passa parola” che permise alla pasta al pomodoro, sino ad allora tipica del Sud, di approdare nelle tavole del Nord, e allo stesso tempo alla cucina del settentrione di arrivare nelle regioni del Mezzogiorno. Anche l’unità gastronomica poteva dirsi così conquistata e ogni confine scavalcato!
Lo scrittore muore a Firenze il 30 marzo 1911 all’invidiabile età di novantuno anni. L’Italia perse un letterato formidabile, un intellettuale non comune, in ogni caso il suo pensiero di gastronomia “per tutti” ha fatto scuola. Se al giorno d’oggi si discute di cucina pur non essendo degli addetti ai lavori o degli chef, lo si deve alla “cocciutaggine” del mercante di Forlimpopoli, che sfidò critiche e pareri contrari per dare una svolta alla gastronomia di fine ‘800 creando la cucina italiana moderna.
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Stefano Buso

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