La Puglia e il frumento

Quando le notizie di cronaca richiedono un deciso intervento dell'Europa

In questa rubrica commentiamo da anni, assieme ad aspetti della nostra quotidiana alimentazione, anche problemi di più vasta portata, legati comunque ai temi della nostra alimentazione.
In questo mese ci riferiamo a un fatto di cronaca, aggiungendo un nostro commento per invitare i lettori ad un’utile riflessione. Lo scorso giugno, dunque, dopo 40 giorni di navigazione, è giunta nel porto di Bari, proveniente dal Canada, una nave carica di 50 mila tonnellate di grano provenienti da Vancouver.
In quell’occasione, come hanno ampiamente riferito il Corriere della Sera (10 giugno, pag. 49) e altri media “è scoppiata la #guerradelgrano, con tanto di hashtag che rende più moderno uno dei lavori più antichi, quello della coltivazione della materia prima del pane. La protesta non ha viaggiato solo sui social ma anche per strada, con un migliaio di agricoltori, coordinati dalla Coldiretti, che nel primo giorno di trebbiatura si sono ritrovati al varco della Vittoria del porto di Bari.”

Una protesta giustificata

Per scaricare quella nave e trasportare il frumento canadese all’acquirente italiano sono serviti 1600 camion e, naturalmente, altrettanti per trasportare poi quel grano dal deposito dell’acquirente ai mulini. E già questo ha provocato un pericoloso inquinamento, considerato ancora il danno minore secondo gli agricoltori.
Ci sono, infatti, altri problemi cui non si dà la necessaria importanza e che riguardano sia gli agricoltori italiani che i consumatori (chi acquista pasta e pane).
Il primo problema riguarda “il prezzo che nella campagna 2016-2017 ha toccato i livelli più bassi dal 2009-2010 (20,5 euro di media per quintale di grano, vale a dire il costo di due pizze, fino ai 18,7 euro di maggio)”.
Oltre a mettere in gravissima diffcoltà gli agricoltori italiani, immettendo sul mercato del grano estero a bassissimo prezzo, a essere gravati poi da costi non giustificati sono i consumatori.
“Un pacco di pasta su tre – spiega Gianni Cantele, presidente di Coldiretti Puglia – contiene prodotto straniero senza che si sappia.
Il «gano giramondo» ha contribuito a far crollare del 48% i prezzi in Italia, con perdite di 145 milioni di euro per gli agricoltori pugliesi (perdite che aumentano a dismisura se si sommano quelle degli altri agricoltori italiani), senza alcun beneficio per i consumatori perché dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa il 500 per cento e dal grano al pane addirittura del 1400 per cento. In Canada, poi, sono usate 99 sostanze attive vietate nella UE.”

Il fabbisogno interno

Un argomento sul quale questa rivista ritorna spesso, anche in questo numero, è quello della produzione di frumento italiano che è del tutto insuffciente al fabbisogno interno, per cui l’Italia è costretta ad avvalersi di massicce importazioni, a meno che non si provveda ad estendere le produzioni in Italia, cosa per ora impensabile. È vero che il grano importato risponde alle normative vigenti ma anche in questo settore restano molti punti oscuri anche per una legislazione non facile da applicare, in particolare per quanto riguarda i controlli di filiera dall’arrivo della nave in porto alle industrie molitorie, ai pastifici, ai forni di paese.

Le certificazioni e le etichette

In tutto questo settore l’impegno del Governo italiano e delle varie agenzie – GdF, Nas, Asl, ecc. - preposte ai controlli è da sempre encomiabile, il vero problema è la mancanza di una seria normativa europea.
“L’Unione Europea - ha affermato la deputata pugliese Colomba Mongiello, componente della Commissione Agricoltura della Camera - deve decidere rapidamente sulla certificazione della pasta «made in Italy» e la formazione del prezzo della materia prima deve avvenire con maggior trasparenza con la Commissione Unica Nazionale del grano duro, da istituire in Puglia, a Foggia, capitale del grano. Dove la crisi si fa più sentire.”
A nostro parere, sarebbe necessario, a salvaguardia del vero grano italiano e soprattutto dei consumatori, che su tutte le confezioni di pasta e su quelle di pane fosse chiaramente scritto l’origine del grano (da frumento prodotto in ...), il nome e il luogo del mulino che ha prodotto la farina, il nome e il luogo dell’industria che ha prodotto la pasta o il pane sia industriale che artigiano. Anche i pizzaioli sarebbero sicuramente molto orgogliosi se potessero esporre alla posta della loro pizzeria la scritta “Pizze prodotte da farina autenticamente italiana”.
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di Nives Piva

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